Bruno Giordano
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Filippo Giordano Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600) è stato un filosofo, scrittore e frate domenicano italiano, condannato al rogo dall'Inquisizione cattolica per eresia.
Tra i punti chiave della sua concezione filosofica, che fondeva neoplatonismo e arti mnemoniche con influssi ebraici e cabalistici, la pluralità dei mondi, l'infinità dell'universo ed il rifiuto della transustanziazione. Il suo pensiero presenta un'accentuazione dell'infinitezza divina sconosciuta ai neoplatonismi precedenti. Con notevoli prestiti da Nicola Cusano, Giordano Bruno elabora una nuova teologia dove Dio è intelletto creatore e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma egli è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia.
I registri della confraternita romana di San Giovanni Decollato, che assisteva i condannati a morte, riferiscono che la mattina del 17 febbraio 1600 «Giordano del quondam Giovanni Bruni, frate apostata da Nola» venne condotto dalle carceri di Tor di Nona a Campo de’ Fiori, dove «spogliato nudo e legato a un palo, fu brusciato vivo». Tale, infatti, era la pena riservata agli eretici che non rinunciavano alle proprie idee nemmeno di fronte al rogo.
Le sue ultime parole sono state rivolte alla chiesa romana e ai suoi giudici: “Tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla!”
Un pentimento dell’ultimo minuto non sarebbe certo servito a salvargli la vita, ma almeno gli avrebbe risparmiato l’ultima, terribile sofferenza. Giordano Bruno si rifiutò di compiere quel passo. Ostinazione, dicevano allora gli inquisitori; coerenza estrema ed eroismo, dissero invece coloro che, quasi tre secoli dopo, innalzarono un monumento all’uomo che veniva identificato come un “martire del libero pensiero”, assassinato dall’oscurantismo e dall’intolleranza della chiesa cattolica. Per quella statua, che ancora guarda dall’alto i turisti e gli avventori del mercato romano di Campo de’ Fiori, si era svolta tra il 1885 e il 1889 un’aspra battaglia tra i rappresentanti del nuovo stato italiano (che nel 1870 aveva dato il colpo di grazia al potere temporale dei papi) e le forze del cattolicesimo. La propaganda in favore di Giordano Bruno era opera di «stranieri, ebrei, ateisti, massoni», scrisse monsignor Pietro Balan nel 1886.
La tensione allora era arrivata a tal punto che la mattina dell’inaugurazione, il 9 giugno 1889, la fanteria e la cavalleria presidiavano le zone vicine a Campo de’ Fiori, anche se poi non vi furono i temuti scontri di piazza. Se confrontiamo questi episodi con le celebrazioni accademiche del quarto centenario della morte del filosofo, un anno fa, il contrasto è stridente: la grande figura del Nolano – come lo stesso Bruno amava denominarsi – non viene quasi più agitata come una bandiera nei contrasti tra laicismo e cattolicesimo, che pure in questi anni, in Italia, sembrano aver ripreso una parvenza dell’antico vigore. Non si tratta solo del fatto che lo scontro si è spostato su temi più concreti. Ben più importante, almeno dal punto di vista del mondo della cultura, è stato il progresso delle conoscenze su Giordano Bruno e sulla sua complessa filosofia, che si è verificato proprio nel secolo che separa i nostri giorni da quelli in cui veniva eretto il monumento. L’aureola di “martire del libero pensiero” – almeno nel senso dato a questa espressione dai positivisti dell’Ottocento – ha così smesso di brillare sul capo di un personaggio che è finalmente stato restituito al suo tempo, irrimediabilmente lontano dal nostro. Ciò non significa che la Chiesa abbia cambiato idea: se il Vaticano II prima, poi l’attuale pontefice hanno “riabilitato” Galileo Galilei (che era stato punito dall’Inquisizione in maniera ben più mite di Giordano Bruno, ad ogni modo ancora oggi chiesa e scienza stanno su due lunghezze d’onda differenti), non una parola è stata pronunciata riguardo al Nolano. Le ragioni della sua condanna – se non proprio i metodi – rimangono infatti a tutt’oggi inalterate.
Tra le idee che lo portarono al rogo quella che ci sarebbero altri mondi abitati oltre al nostro. Per esempio è sua la frase:
- « Tutti questi corpi sono mondi e senza numero, li quali costituiscono poi la universalità infinita in uno spazio infinito; e questo si chiama universo, nel quale sono mondi innumerabili »