Djed
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Versione delle 13:44, 28 dic 2008
Nell'antica lingua egizia, la parola Djed (o Zed) indica la stabilità: la radice ḍdi significa "essere stabile" o "durare". Il geroglifico che lo rappresenta ricorda un pilastro.
Djed in scrittura geroglifica
Alcuni studiosi [1] lo collegano, invece, a un covone o a un tronco d'albero privato dei rami.
Il pilastro-Djed è associato al dio Osiride: nel caso in cui si identifichi come un tronco, questo richiamerebbe il mito del dio ucciso dal fratello Seth e, dopo varie traversie, rinchiuso in un albero. Nell'ipotesi più nota, invece, viene identificato con la colonna vertebrale di Osiride stesso.
In ogni caso, il pilastro-Djed appartiene ai più antichi simboli divini, divenuto potente amuleto magico: ne è stato trovato un esemplare in avorio in una tomba dell'età arcaica, presso Il Cairo.
Grande importanza aveva la cerimonia dell'"erezione del Djed", durante la quale il re alzava un pilastro, per rafforzare la colonna vertebrale del suo regno [2].
A partire dal Medio Regno lo Djed viene rappresentato all'interno dei sarcofagi proprio in prossimità della spina dorsale del defunto.
Spesso viene raffigurato in forma antropomorfa, munito di braccia, corona, scettro e flagello. Viene anche affiancato al nodo isiaco o Tiet , il cui significato è ancora oscuro.
Secondo alcuni archeologi e studiosi come Mario Pincherle una struttura molto simile al pilastro Djed è inserita all'interno della punta della grande Piramide di Cheope. Tale struttura non è presente nelle altre piramidi, e ne è stato ipotizzato una particolare funzione sacra rimasta misteriosa. Pincherle ha anche fatto riferimento a presunti fenomeni parapsicologici ed energetici.
Note
1^ Betrò, op. cit., pag. 209
Bibliografia
- Maria Carmela, Betrò, Geroglifici, Mondadori, 1995, Verona, ISBN 8804403896
- Christian Jacq, Il mondo magico dell'Antico Egitto, Mondadori, 1997, Milano, ISBN 88-04-43403-1