Noè
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==Significato del nome== | ==Significato del nome== |
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Noè è il nome di un patriarca biblico, il più famoso prima di Abramo.
Secondo calcoli biblici nacque 1056 anni dopo la Creazione e morì all'età di 950 anni. Secondo la scienza ufficiale, tali cifre non sono da prendere necessariamente alla lettera. Secondo gli ufologi e Zecharia Sitchin invece è possibile che corrisponda a verità una vita incredibilmente lunga, anzi secondo le fonti sumere fu ancora più lunga (vedi la Cronologia di Sitchin). Nei testi sumeri assume il nome di Ziusudra.
Indice |
Significato del nome
Noè, in lingua ebraica Noah, viene interpretato da Genesi (Ge,5,29) con il significato di consolatore per via dell'assonanza fonetica, ma è molto più probabile che il significato del suo nome sia colui che prolunga: ovviamente, la storia dell'umanità dopo il diluvio universale.
Il costruttore dell'arca
Noè compare per la prima volta in Genesi Ge,5,28 come figlio di Lamech e nipote di Matusalemme. Egli è dunque il nono nella linea generazionale dei discendenti di Adamo attraverso Set (la cosiddetta "Grande Genealogia dei Setiti" di Ge,5). La sua storia si sviluppa nei capitoli 6, 7, 8 e 9 della Genesi.
Egli è universalmente noto per essere il costruttore dell'arca su cui la razza umana sopravvisse al diluvio, e sulla quale furono ospitate, secondo la narrazione biblica, varie coppie di tutti gli animali (secondo Genesi Ge,6,19, due specie di ciascuna; secondo Genesi Ge,7,2, sette coppie di ogni animale puro e una coppia di quelli impuri).
Secondo Genesi Ge,7,6 Noè aveva seicento anni quando il diluvio si abbatté sulla Terra; morì a 950 anni; era ancora vivo quando nacque Abramo.
Noè ebbe tre figli: Jafet, Sem e Cam, anch'essi portati sull'arca unitamente alle mogli per proseguire la stirpe degli uomini. Ciascuno di essi avrebbe dato vita ad una stirpe di popoli: Sem i semiti, Cam i camiti, Jafet i popoli delle isole occidentali.
L'alleanza noachica
Dopo la fine del diluvio, Noè stipula con Dio la prima alleanza, in ebraico Berit, riportata dal testo biblico, la cosiddetta "alleanza noachica". Ecco i termini di quest'alleanza:
- gli esseri viventi, animali e vegetali, sono concessi come cibo all'uomo (è ampliata la concessione già fatta ad Adamo, in quanto a lui erano stati concessi solamente i vegetali: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde", Gn 1,29-30);
- è proibito mangiare la carne di esseri viventi contenenti il loro sangue (che era simbolo della vita: divieto di mangiare animali vivi);
- "Chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l'uomo" (Gen Ge,9,6: fondamento della legge del taglione).
In cambio, Iddio si impegna a non mandare mai più diluvi.
Quest'alleanza è stipulata con tutta l'umanità, ed offre dunque all'antico Israele le norme per ritenere giusto o ingiusto chi non è circonciso.
La figura di Noè diventa poi esemplare (quella del giusto salvato dalla distruzione dei malvagi, come Lot) ed è lodata in Isaia Is,54,9; in Matteo Mt,24,37-38; e nella prima lettera di Pietro 1Pt,3,20.
Poemi babilonesi
Numerose sono le assonanze con l'epopea di Gilgamesh, ma completamente diversa è la prospettiva dei poemi babilonesi e della Bibbia. Infatti nei primi gli déi decidono di sterminare l'umanità per puro capriccio, a causa del suo fracasso che li infastidisce, mentre il Dio ebraico pone fine al mondo antidiluviano a causa delle colpe dei cosiddetti "giganti dei tempi antichi". Noè non si salva perché è fortunato ma perché è l'unico giusto in un mondo di peccatori.
Apocrifi
Il Talmud e le raccolte di leggende ebraiche contengono molti episodi apocrifi della vita di Noè. Il più famoso riguarda l'inganno perpetrato ai danni del Patriarca dal diavolo, il quale gli insegnò a coltivare la vite (vedi Gen 9, 20) e lo convinse a sacrificare nella vigna quattro animali: un agnello, un leone, un maiale e una scimmia. Da allora, racconta la leggenda, chi beve il vino si ubriaca e, man mano che ne beve, viene ad assumere i caratteri di questi quattro animali: l'arrendevolezza dell'agnello, la violenza del leone, il sudiciume del maiale, il comportamento assolutamente irragionevole della scimmia.
Voci correlate
- Mario Brelich, Il navigatore del diluvio, Adelphi, Milano, 1979