Isola di Pasqua
Da Ufopedia.
L'Isola di Pasqua (in lingua nativa Rapa Nui, grande isola/roccia; in lingua spagnola Isla de Pascua) è un'isola dell'Oceano Pacifico meridionale appartenente al Cile. Situata a 3600 km a ovest delle coste del Cile e 2075 km a est delle isole Pitcairn, è una delle isole abitate più isolate del mondo. Le sue coordinate geografiche sono 27° 07' S 109° 22' W: la latitudine è vicina a quella della città cilena di Caldera, a nord di Santiago. Il territorio dell'isola si compone di quattro vulcani: Poike, Rano Kau, Rano Raraku e Terevaka. Famosi sono i numerosi moai, le statue di pietra che ora si trovano lungo le coste. Dal punto di vista amministrativo, è una provincia a sé stante della regione di Valparaíso del Cile. L'orario standard è sei ore indietro rispetto all'UTC (UTC-6).
Al contrario di quello che si può pensare sono stati i polinesiani a colonizzare quest'isola, e non i sudamericani, anche se sono più vicini all'isola. L'esploratore norvegese Thor Heyerdahl, sosteneva che una popolazione bianca proveniente dal Sud America avesse colonizzato la Polinesia e aveva anche dimostrato che si poteva navigare dal Perù alle Isole Marchesi con una semplice zattera, il famoso Kontiki. In ogni caso test genetici sottoposti agli scheletri degli antichi abitanti dell'isola hanno dimostrato che questi ultimi erano polinesiani. Infatti in tutte le ossa testate si sono trovate delle caratteristiche genetiche che possiedono solo i polinesiani.
In ogni caso il fatto che la patata dolce (kamara) caratteristica della dieta polinesiana, sia tipica del Sud-america dimostra che possono esserci stati contatti tra le due culture. Si suppone, ma senza prove definitive che più facilmente i polinesiani raggiunsero il Sud America, che il contrario.
Pertanto il contributo di Heyerdahl risulta limitato all'aver per primo dimostrato la possibilità di un interscambio tra Polinesia e Sud America.
Indice |
Geografia
L'Isola di Pasqua è situata sulla dorsale pacifica dalla quale prende origine. La costa si abissa quindi rapidamente nei dintorni dell'isola fino a profondità che possono raggiungere i 3000 metri. A causa delle sue origini vulcaniche l'isola si è formata su di una base basaltica tipica per le dorsali oceaniche e non vanta quindi molte spiagge ma è bensì caratterizzata per la maggior parte da ripide scogliere.
La sua forma ricorda vagamente quella di un triangolo rettangolo, con una lunghezza massima di 24 chilometri e una larghezza massima di 13 chilometri. Le tre elevazioni principali sono date da tre coni di vulcani spenti, che sono il Rano Kau, il Maunga Puakatiki e il Maunga Terevaka. Quest'ultimo raggiunge un'altezza di 509 metri ed è pertanto il punto più elevato di tutta l'isola.
Nella zona meridionale dell'isola si trovano infine tre isole minori (Motu Iti, Motu Kau Kau e Motu Nui) che invece sono disabitate. L'arcipelago più vicino all'Isola di Pasqua è l'arcipelago delle isole Austral, con le isole di Tubuai e Rapa.
A causa della sua posizione l'Isola di Pasqua gode di un clima subtropicale con temperature medie che si aggirano intorno ai 21 gradi centigradi e con uno sbalzo termico quasi nullo tra una stagione e l'altra. L'isola è quindi esposta per la maggior parte dell'anno all'aliseo, che soffia in direzione nord est.
Flora
L'Isola di Pasqua con le sue sole 30 specie vegetali indigene è una tra le isole più povere di specie vegetali in tutta l'area del Sud Pacifico. L'isola infatti è situata in una zona lontana dalla costa e in tutta la sua storia geologica non ha mai goduto di un collegamento con la terra ferma, mentre la maggior parte delle correnti oceaniche che interessano l'isola provengono da occidente e non portano pertanto semi dalla terra ferma. Anche il contributo da parte delle specie di uccelli migratori che popolano l'isola è stato modesto [1].
Si ritiene pertanto che la maggior parte delle piante sull'Isola di Pasqua sia stata importata dal uomo. Tale teoria trova inoltre conferma sia nella leggenda locale di Hotu Matu, secondo la quale furono gli uomini a portare le piante, che nei diari dei primi europei che visitarono tale isola, secondo i quali la popolazione locale disponeva al momento del loro arrivo già di proprie coltivazioni, che venivano usata sia per il proprio fabbisogno, che come fonte di mangime animale.
Per quanto riguarda invece la vegetazione attuale, essa dovrebbe differenziarsi notevolmente da quella originaria. Questa è il risultato di una serie di modifiche apportate dall'uomo nel giro dei secoli. Secondo alcune analisi condotte negli anni passati, l'isola sarebbe stata coperta fino a qualche secolo fa da una fitta vegetazione composta per la maggior parte da palme [2]. Dal 1010 in poi però l'isola ha subito una deforestazione, durante la quale secondo alcune stime fatte, oltre 10 milioni di palme della specie Jubaea chilensis sarebbero state abbattute, favorendo di conseguenza sia l'erosione dello strato fertile di terreno che ricopre l'isola, che la desertificazione di ampie zone, esponendo il terreno al vento e alle intemperie. Tale evento sarebbe quindi stato anche causa di una drastica riduzione della popolazione sull'isola durante questo periodo [3].
A testimonianza delle ampie foreste che una volta ricoprivano l'isola sarebbe rimasto solo lo Scirpus californicus, una specie di canna che cresce solamente all'interno del cratere di Rano-Kao e che una volta veniva usata dalla popolazione indigena per ricoprire le capanne. Per quanto invece riguarda la specie d'albero, il Sophora toromiro, che una volta ricopriva l'intera isola, questa può essere ritenuta estinta, dal momento che esistono solo pochi esemplari al mondo coltivati all'interno di giardini botanici.
Per quanto riguarda invece le felci sull'isola esistono solo 15 specie di questa pianta, delle quali 4 sono endemiche [4].
Tra le piante indigene presenti sull'Isola di Pasqua fa anche parte la Triumfetta semitriloba, un arbusto di piccole dimensioni che appartiene alla famiglia delle Tiliaceae. Questa è probabilmente secondo alcune ricerche fatte una delle prime piante che circa 35.000 anni fa popoló quest'isola. In passato questa pianta veniva utilizzata per tessere le reti dei pescatori.
Per quanto riguarda invece il paesaggio odierno, questo è prevalentemente caratterizzato da ampie praterie, popolate perlopiù da Poaceae, Cyperaceae e da Asteraceae.[1], mentre nella zona meridionale dell'isola negli ultimi decenni si è tentato di far crescere delle foreste di eucalipto. Sull'isola e poi presente anche una specie di patata originaria dal centro america, che nei secoli passati si è espansa in tutta l'area del sud Pacifico.
Secondo i diari di Jean-François de La Pérouse, all'epoca della scoperta da parte degli europei, la popolazione indigena avrebbe coltivato all'interno di alcune caldere delle piante di banana, dimostrando una certa abilità nella coltivazione di queste ultime. Infatti il forte vento che spira quasi tutto l'anno sull'isola rende pressoché impossibile la coltivazione di piante sensibili, e ha reso necessario attuare particolari accorgimenti affinché queste piante potessero essere coltivate. Come all'epoca, anche oggi alcune piante di banana vengono coltivate all'interno delle caldere, che essendo riparate dal vento dispongono di un microclima che favorisce la crescita di questa pianta.
Fauna
Come la flora anche la fauna dell'isola ha risentito notevolmente della presenza degli esseri umani e della posizione isolata dell'isola. Secondo delle ricerche condotte negli ultimi anni l'Isola di Pasqua era abitata da 25 specie di uccelli migratori e da 6 specie di uccelli marini[2] , mentre al giorno d'oggi solamente 7 specie di volatili popolano ancora l'isola.
I mammiferi che vivono sull'isola quali cavalli, pecore,mucche e maiali sono tutti stati importati dagli uomini, come del resto è avvenuto anche per i ratti, che furono invece importati in varie fasi della storia dell'isola su di essa. Si ritiene che i primi ratti importati sull'Isola di Pasqua furono importati come animali da macello dai primi coloni (Rattus exulans) e che solo successivamente con la scoperta da parte degli europei fu importato il ratto norvegicus che entrò in competizione con il ratto exulanus causando la sua estinzione sull'isola.
Per quanto riguarda invece la famiglia dei rettili. l'isola è abitata dalla lucertola Ablepharus boutonii, che sull'isola viene anche chiamata moco. L'animale misura all'incirca una lunghezza di 12 cm e ha un colore marrone chiaro.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare la fauna marina non è caratterizzata da una fauna tropicale o sub tropicale come avviene per molte delle isole nel sud Pacifico ed è pertanto relativamente povera di specie marine. Sull'isola non esiste quindi una barriera corallina. Inoltre le acque intorno all'isola dovrebbero essere popolate da circa 107 specie di pesci[3], mentre al largo vivono grandi branchi di capodogli. Una possibile spiegazione per l'elevato numero di capodogli che popolano queste acque potrebbe essere dato dalle molte sorgenti sottomarine che sono tuttora attive nei fondali oceanici in quella zona e che favoriscono con la loro immissione di acqua calda la prolificazione dei calamari dei quali i capodogli si nutrono. Nel 2005 un gruppo di biologi marini ha scoperto una nuova specie di questi calamari che è stata chiamata Kiwa hirsuta.
Di particolare interesse è infine una curiosa specie di lumaca che esiste solamente sull'Isola di Pasqua e sull'isola di Sala y Gómez, la Cypraea englerti, che è stata nominata in onore di Sebastian Englert.
La storia dell'isola
La storia dell'Isola di Pasqua è difficile da ricostruire in quanto mancano completamente fonti certe e i primi coloni non hanno lasciato documenti scritti ai quali fare riferimento, dato che questi popoli all'epoca della prima colonizzazione dell'isola non disponevano ancora di una scrittura. Esistono pertanto varie tesi tra loro contrastanti di come sia avvenuta la colonizzazione dell'isola. Esistono quindi sostenitori di una possibile colonizzazione a più ondate avvenuta tra il 1100 d.C e il 1600[4] e altri che ritengono che essa sia avvenuta in una unica fase tra il 900 d.C. e il 1100. Per quanto riguarda l'origine della popolazione anche qui sorgevano diverse controversie. Secondo Thor Heyerdahl, un fautore della tesi della colonizzazione a più ondate, la popolazione indigena doveva essere originaria del Sud America. Tale ipotesi si rivelò tuttavia falsa in quanto studi etimologici della lingua parlata dalla popolazione indigena, ritrovamenti archeologici e infine test genetici condotti negli anni novanta hanno dimostrato che la popolazione doveva essere di origine polinesiana. Ciò nonostante va riconosciuto a Heyerdahl il merito di aver dimostrato che una colonizzazione dell'Isola di Pasqua sarebbe potuta avvenire anche dal Sud America.
Allo sbarco dei primi colonizzatori polinesiani che i più recenti studi fanno risalire attorno al 800-900 d.C., l'isola si doveva presentare come una immensa foresta di palme. Fino al 1200 d.C. la popolazione rimase numericamente modesta e sostanzialmente in equilibrio con le risorse naturali presenti. In seguito, però, nacque da parte degli abitanti la necessità di costruire i moai, il cui sistema di trasporto richiedeva notevoli quantità di legname. Cominciò pertanto un importante lavoro di disboscamento dell’isola che fu ulteriormente intensificato dopo il sensibile aumento della popolazione dovuto a nuovi sbarchi. Verso il 1400 d.C. la popolazione raggiunse i 15.000-20.000 abitanti e l’attività di abbattimento degli alberi conobbe il proprio massimo di intensità. La riduzione della risorsa forestale provocò un inasprimento dei rapporti sociali interni che sfociarono talora in violente guerre civili. Tra il 1600 e il 1700 d.C., in alternativa al legno divenuto sempre più scarso, gli abitanti iniziano a utilizzare anche erbe e cespugli come combustibile. Le condizioni di vita sull'isola divennero pertanto proibitive per la poca popolazione rimasta, in gran parte decimata dagli scontri interni e dai flussi emigratori.
A spiegazione della precoce perdita di alberi dell’isola, oggi si sono portate avanti anche ipotesi riguardanti la possibile responsabilità dei ratti del tipo polinesiano (rattus exulans) che colonizzarono al seguito dei polinesiani attorno al 1500 oppure altri ratti che raggiunsero l’isola dopo il 1700 d.C., con gli sbarchi dei primi europei. L'assenza di predatori naturali, permise a questi piccoli mammiferi di moltiplicarsi a dismisura e, considerato che nella loro dieta alimentare vi entrarono immediatamente anche i semi di palma, si ritiene che abbiano potuto contribuire all’estinzione degli alberi dell’isola.
La scoperta tramite gli europei
Il primo ad avvistare l'Isola di Pasqua fu presumibilmente il pirata Edward Davis, che avvistó l'isola a bordo del suo battello Bachelors Delight nel 1687. Non capendo tuttavia di aver avvistato un'isola ritenne di aver scoperto il continente meridionale. Davis non attraccò peró mai sull'isola.
Il primo a sbarcare invece sull'isola fu l'olandese Jakob Roggeveen, che sbarcò su di essa il lunedì di Pasqua 1722, motivo per il quale l'isola fu battezzata Isola di Pasqua. Seguì quindi un periodo durante il quale la corona spagnola cercò di espandere a discapito di inglesi e olandesi il proprio dominio nei territori del sud Pacifico. Fu quindi l'allora governatore spagnolo del Cile e vicere del Perù, Manuel Amat y Junient a ordinare a Don Felipe Gonzales de Haedo di annettere l'Isola di Pasqua ai territori spagnoli. Gonzales raggiunse l'isola nel novembre del 1770 a bordo della nave San Lorenzo scortata dalla fregata Santa Rosalia. Gonzales cambiò il nome dell'isola in San Carlos e fece ereggere in segno della conquista varie croci su tutta l'isola. Negli anni a seguire però la corona spagnola non inviò più altre spedizioni sull'isola perdendo di fatto la sovranità su di essa.
Dopo un periodo di assenza da parte di spedizioni europee fu James Cook il primo a sbarcare nuovamente sull'Isola di Pasqua il 13 marzo 1774, rimanendo su di essa per soli 4 giorni prima di ripartire il 17 marzo. Cook, come molti altri dopo di lui, ritenne di scarso interesse l'isola. Secondo quanto riportato dal suo diario di bordo egli annotó che solo poche isole in tutto il Pacifico erano più inospitali di questa. Ció nonostante dobbiamo al capitano Cook e al naturalista Johann Reinhold Forster e a suo figlio Reinhold Forster, che si trovavano al seguito della spedizione di Cook, la maggior parte delle conoscenze che abbiamo sull'isola. Grazie al loro contributo fu elaborata una prima carta geografica che riportava i siti archeologici maggiori. Inoltre in soli quattro giorni furono fatti più schizzi di Moai di quanti non siano stati fatti nei 50 anni seguenti, permettendo al pubblico europeo di ammirare per la prima volta nella storia tali opere in mostre appositamente predisposte in tutta Europa.
Nel 1786 fu quindi il momento del conte Jean-François de La Pérouse che, incaricato da Luigi XVI, doveva elaborare delle mappe dell'intera area del Pacifico. Con la scoperta dell'Isola di Pasqua da parte degli europei iniziò contemporaneamente anche uno dei capitoli più oscuri dell'intera storia dell'isola. Spagnoli inglesi e francesi avevano importato sull'isola varie malattie quali la sifilide e l'influenza che mietevano numerose vittime tra la popolazione indigena. Fu quindi il momento di una serie di razzie da parte di mercanti di schiavi tra il 1859 e il 1861 che deportarono parte della popolazione sull'isola di Chinches di fronte alle coste del Perù. Le deportazioni, le malattie e le faide interne tra gli abitanti dell'isola fece sì che la popolazione continuò a ridursi fino al 1877, anno in cui si registrarono soli 111 abitanti su tutta l'isola.
Storia recente
Nel 1866 un ufficiale francese di nome Dutroux-Bornier reduce dalla guerra di Crimea era giunto sull'Isola di Pasqua accompagnato dal suo socio in affari, l'inglese Brander. In seguito a una serie di investimenti riusciti i due acquistarono dalla popolazione indigena ampi appezzamenti di terreno. Bornier si trasferì quindi sull'isola, dando luogo a un piccolo regno il cui sovrano era lui stesso. Egli scacciò la popolazione indigena dai suoi villaggi costringendola a vivere all'interno di un piccolo territorio nella zona occidentale dell'isola che non gli era permesso lasciare e trasformando l'intera isola in un enorme pascolo per pecore e mucche. Tuttavia in seguito alle condizioni disumane a cui sottostava la popolazione indigena, nel 1876 ci fu una rivolta nella quale Bornier venne ucciso. La proprietà dell'isola passò quindi al suo socio Brander che morí di una morte naturale l'anno seguente e quindi agli eredi della famiglia Brander, mentre gli eredi di Bornier nonostante il loro ricorso dinanzi a un tribunale francese ne uscirono a mani vuote.
Il 9 settembre 1888 l'Isola di Pasqua fu quindi annessa al Cile. Il governo cileno su consiglio del capitano Policarpo Toro, ritenne che l'isola fosse di importanza strategica per il Cile. Toro ratificó quindi il documento di annessione in presenza di 20 capi tribù a bordo delle nave da guerra Angmos. I giorni seguenti anche una nave da guerra francese giunse nei pressi dell'Isola di Pasqua con l'intenzione di annettere l'isola, ma riprese nuovamente il largo non appena appreso che l'isola era già stata annessa dal Cile.
Dal 1895 in poi il governo cileno permise nuovamente l'allevamento di animali sull'isola affittandola a un certo Enrique Merlet, che negli anni successivi acquistò vari appezzamenti di terreno dal governo cileno. Nel 1903 infine egli vendette tutto alla società inglese Williamson-Balfour.
Nel 1911 fu quindi il momento del Dr. Walter Knoche, un cittadino cileno di origini tedesche, che su incarico del governo cileno stabilì sull'isola una stazione meteorologica e una stazione sismica. Dal 1900 in poi sull'Isola di Pasqua si registrarono una serie di epidemie. Oltre all'influenza e alla sifilide che erano già arrivate sull'isola con lo sbarco degli europei si aggiunse anche la lebbra, che fu probabilmente importata dalla popolazione indigena deportata nei decenni precedenti[5] e che aveva fatto ritorno sull'isola dopo esser stata rilasciata nuovamente in libertà. Su consiglio della società inglese Williamson-Balfour fu quindi fatto costruire un lebbrosario a Hangaroa, dove, secondo testimonianze della popolazione locale, furono relegati anche personaggi scomodi alla compagnia.
Durante la prima guerra mondiale l'isola fu quindi teatro di alcuni scontri navali che avvennero al largo di quest'ultima. Il 19 ottobre 1914 due incrociatori corazzati tedeschi, SMS Scharnhorst e SMS Gneisenau, raggiunsero un convoglio proveniente dall'Atlantico. L'incrociatore ausiliario tedesco Prinz Eitel Friedrich, affondó nei giorni seguenti dinanzi alle coste dell'Isola di Pasqua il mercantile francese Jean. L'equipaggio del mercantile si mise quindi in salvo raggiungendo l'isola.
Sempre nel 1914 l'isola fu luogo di violentissimi scontri tra la popolazione indigena e la popolazione cilena[6] dell'isola, che in seguito alla visione di una veggente, si era ribellata per riprendere possesso dell'isola. La rivolta poté esser soppressa grazie all'intervento di una nave da guerra cilena, il cui comandate peró espresse preoccupazione vedendo le condizioni in cui versava la popolazione indigena. Su richiesta del Cile la società Williamson-Balfour ritirò il proprio governatore dall'isola che fu sostituito da uno cileno, che avrebbe dovuto almeno teoricamente rappresentare e preservare gli interessi di entrambe le fazioni.
L'Isola di Pasqua rimarrà quindi dal 1914 fino al 1967 sotto controllo diretto da parte dell'esercito cileno, mentre la formazione di prime strutture democratiche indipendenti non sarà permessa prima della fine degli anni sessanta.
Nel 1935 giunse il frate cappuccino Sebastian Englert sull'Isola di Pasqua rimanendoci fino alla sua morte nel 1969. Per molti anni Englert fu l'unico prete sull'isola e l'unico che aveva preso a cuore le sorti della popolazione indigena. Englert fondò la prima scuola sull'isola. Sempre a Englert dobbiamo i numerosi reperti archeologici e botanici, inoltre grazie ai suoi numerosi ritrovamenti archeologici poté essere istituito il museo di Hanga Roa ed è sempre grazie a lui che il mondo scientifico ha scoperto l'interesse per quest'isola. Di seguito ci furono numerose spedizioni scientifiche sull'Isola di Pasqua che videro a capo di esse nomi illustri come quello dell'inglese Katherine Routledge, del francese Alfred Métraux o del tedesco Thomas Barthel. Dal 1955 al 1956 anche il norvegese Thor Heyerdahl condusse degli scavi sull'isola.
Arte e cultura
Moai
Template:Vedi anche Le enormi statue colossali che si trovano sull'isola vengono chiamate moai. Sull'isola esistono secondo le ricerche condotte da Sebastian Englert 638 moai, anche se non si puó escludere che originariamente fossero oltre mille le statue presenti sull'isola. Nonostante le ricerche condotte negli ultimi anni il loro scopo non è tuttora noto con certezza. Secondo studi più recenti le statue rappresenterebbero capi tribù indigeni morti, e secondo la credenza popolare avrebbero permesso ai vivi di prendere contatto con il mondo dei morti.
Rongorongo
L'Isola di Pasqua è l'unica nell'area del Sud Pacifico ad aver sviluppato nella propria storia una scrittura propria, chiamata Rongorongo.
Tuttavia non mancarono anche al riguardo della scrittura indigena forti controversie nel mondo scientifico, e cosí l'archeologo americano Kenneth P. Emory sostenne che le poche tavole scritte scoperte tra il 1722 e il 1868, non fossero altro che imitazioni fatte dalla popolazione indigena della scrittura usata dai primi scopritori dell'Isola di Pasqua.
Come è facile presupporre, la scrittura Rongorongo non fu mai decifrata completamente e per molti decenni rimase incompresa. Fu quindi solo grazie agli studi condotti dal tedesco Thomas Barthel e alla scoperta di una tavoletta che riportava un calendario lunare (oggi conservata nell'archivio dei SS Cuori a Grottaferrata nei pressi di Roma), la cosiddetta tavoletta Mamari, che si poté parzialmente decifrare alcuni simboli.
In tutto il mondo esistono solamente 24 tavolette scritte in Rongorongo, delle quali solo una minima parte poté essere tradotta.
Orongo e il culto dell'uomo uccello
In seguito ai cambiamenti all'interno della società e ai cambiamenti ambientali provocati dalla popolazione indigena, si verificò anche uno stravolgimento delle tradizioni e credenza delle tribú indigene che popolavano l'isola. Dal 1500 d.C. in poi non vengono più eretti nuovi moai, ma quelli esistenti vengono bensì abbattuti. Cessa quindi anche la venerazione degli avi che fino ad allora rappresentava la tradizione più importante della popolazione indigena. Al posto degli avi si venera ora l'uomo uccello (in polinesiano: Tangata), un essere per metà uomo e per metà uccello.
Ogni primavera le singole tribù dell'isola sceglievano un guerriero che doveva partecipare al rito dell'uomo uccello, che consisteva nel raggiungere dal santuario di Orongo sulla cima del Rano Kao l' Isola di Motu Nui e riportare il primo uovo deposto dalla Sterna fuscata. Chi riusciva per primo a riportare un uovo indenne diveniva il nuovo uomo uccello fino alla primavera prossima, quando il rituale veniva ripetuto.
Quali siano le origini di questo rituale non sono note e ancor meno si sa se la tradizione dell'uomo uccello esistesse già prima del 1500 o sia stata frutto (come alcuni archeologi speculano) di alcune caste di guerrieri[7], che vollero in tale modo garantirsi una posizione di rilievo. Certo è che su molte isole popolate dai polinesiani si venerava già in passato l'uomo uccello. Si puó presupporre quindi che questo tipo di culto abbia origini lontane e che fosse già praticato dalla popolazione indigena prima del 1500 anche se probabilmente in forma minore.
Rei Miro
Il Rei Miro è un pettorale di legno tipico della cultura dell'Isola di Pasqua. In passato questo veniva fatto con il legno dell'albero di Toromiro, ed era decorato alle due estremità da due teste di animali scolpite. Il Rei Miro puó sia rappresentare un uccello che un'imbarcazione. Alcuni esemplari riportano anche delle incisioni in Rongorongo e due fori per far passare un piccolo spago, che probabilmente serviva per fissarlo. Quale sia la funzione o il significato di tale oggetto è tuttora sconosciuto.
Il Rei Miro è anche divenuto il simbolo dell'Isola di Pasqua. Sulla bandiera dell'isola infatti è rappresentato un Rei Miro di colore rosso su sfondo bianco.
Le grotte
Le origini vulcaniche dell'isola hanno fatto si che questa disponga di un numero considerevole di grotte. Quest'ultime, formatesi durante la fase finale delle eruzioni, quando i fiumi di magma sotterranei iniziavano a raffreddarsi, furono usate per molti secoli dalla popolazione indigena come luoghi di culto. A testimonianza di tale attività in molte di esse si possono ancora trovare dipinti rupestri e altorilievi, che rappresentano sia il uomo uccello, che il dio Mache Mache.
L'esatta collocazione delle singole grotte era un segreto ben protetto dai capi tribù che tramandavano oralmente riti da compiersi e luoghi delle grotte a singoli membri della comunità. Tali grotte venivano poi anche usate per seppellire in alcuni casi i propri morti, come testimoniano ossa umane ritrovate in alcune di queste grotte. Nel periodo delle deportazioni da parte dei mercanti di schiavi tali grotte vennero poi anche usate come nascondigli dove rifugiarsi.
Popolazione
Secondo alcune ricerche condotte negli anni passati si stima che la popolazione dell'Isola di Pasqua durante il suo periodo di massimo splendore nel sedicesimo e diciassettesimo secolo fosse composta da circa 15.000 abitanti. Fu a causa del disastro ecologico causato dalle tribù indigene che la popolazione all'arrivo dei primi europei si ridusse a circa 2.500 abitanti. In seguito alle deportazioni e alle malattie importate da parte degli europei questo numero di abitanti si ridusse ulteriormente fino a raggiungere i 900 abitanti nel 1868. Nel 1877 infine un sondaggio demografico rilevò soli 111 abitanti. Questo fu il numero più basso di abitanti indigeni mai registrato in tutta la storia dell'isola. Solo nei decenni seguenti, grazie al parziale miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e grazie al rientro di molti isolani deportati come schiavi, la popolazione dell'Isola di Pasqua iniziò nuovamente ad aumentare, seppure molto lentamente. Secondo il primo censimento demografico condotto dal governo cileno l'anno dell'annessione dell'Isola di Pasqua nel 1888, l'isola era abitata da 178 abitanti.
A causa del regime militare in vigore dal 1914 in poi, era proibito lasciare l'isola e di conseguenza la popolazione si stabilizzò. Nonostante poi questo divieto fosse stato abolito alla fine degli anni sessanta, non si registrarono spostamenti demografici di rilievo verso la terra ferma. Nel 2002 infine l'isola era popolata da 3.791 abitanti. Con ció nel giro di soli 14 anni la popolazione era aumentata dai 1.938 abitanti che si contavano nel 1988 a oltre 3.000 abitanti duplicando quasi il proprio numero in meno di due decenni. Sempre secondo lo stesso censimento nel 2002 circa 2.000 dei 3.791 abitanti era di origine indigena, mentre oltre 2.200 Rapanui vivevano sulla terra ferma. Complessivamente i cittadini cileni originari dell'isola di pasqua residenti in Cile erano quindi oltre 4.000.
Libri
- Sebastian Englert: Diccionario rapanui-español. Santiago de Chile 1938.
- Alfred Métraux: Die Oster-Insel. Stuttgart 1957.
- Katherine Routledge: The Mystery of Easter Island. The story of an expedition. London 1920.
- Friedrich Schulze-Maizier: Die Osterinsel. Insel, Leipzig 1926.
- Crombette, Fernand. Essai de Géographie...divine ; 5 tomes ; Ceshe asbl, Tournai, diverses années
- Barthel, Thomas. 1958. Grundlagen zur Entzifferung der Osterinselschrift. Hamburg: Cram, de Gruyter.
- Butinov, Nikolai A., & Yuri V. KNOROZOV. 1957. Preliminary Report on the Study of the Written Language of Easter Island. Journal of the Polynesian Society 66. 1.
- Diamond, Jared. 2005. Collapse. How Societies Choose to Fail or Succeed. New York: Viking. ISBN 0-14-303655-6.
- Englert, Sebastian F. 1970. Island at the Center of the World. Translated and Edited by William Mulloy. New York: Charles Scribner's Sons.
- Federova, Irina K. 1965. Versions of Myths and Legends in Manuscripts from Easter Island. In: Heyerdahl et al (eds.), Miscellaneous Papers: Reports of the Norwegian Archaeological Expedition to Easter Island and East Pacific 2. 395-401. Stockholm: Forum.
- Fischer, Steven Roger. 1995. Preliminary Evidence for Cosmogonic Texts in Rapanui’s Rongorongo Inscriptions. Journal of the Polynesian Society 104. 303-21.
- Fischer, Steven Roger. 1997. Glyph-breaker: A Decipherer's Story. N.Y.: Copernicus/Springer-Verlag.
- Fischer, Steven Roger. 1997. RongoRongo, the Easter Island Script: History, Traditions, Texts. Oxford and N.Y.: Oxford University Press.
- Guy, Jacques B.M. 1985. On a fragment of the “Tahua” Tablet. Journal of the Polynesian Society 94. 367-87.
- Guy, Jacques B.M. 1988. Rjabchikov’s Decipherments Examined. Journal of the Polynesian Society 97. 321-3.
- Guy, Jacques B.M. 1990. On the Lunar Calendar of Tablet Mamari. Journal de la Société des Océanistes 91:2.135-49.
- HEYERDAHL, Thor. 1965. The Concept of Rongorongo Among the Historic Population of Easter Island. In: Thor Heyerdahl & Edwin N. Ferdon Jr. (eds. and others.), 1961-65. Stockholm: Forum.
- HEYERDAHL, THOR Aku-Aku; The 1958 Expedition to Easter Island.
- Hunt, Terry L. 2006. Rethinking the Fall of Easter Island. American Scientist, 94, 412 (Sept-October 2006)
- Hnter-Aanderson, R. 1998. Human vs climatic impacts at Rapa Nui: did the people really cut down all those trees? In:Stevenson, C.M.; Lee, G. & Morin, F.J. (eds): Easter Island in Pacific Context. South Seas Symposium: Proceedings of the Fourth International Conference on Easter Island and East Polynesia: 85–99. Easter Island Foundation.
- Lee, Georgia. 1992. The Rock Art of Easter Island. Symbols of Power, Prayers to the Gods. Los Angeles: The Institute of Archaeology Publications (UCLA).
- MELLÉN BLANCO, Francisco. 1986. Manuscritos y documentos españoles para la historia de la isla de Pascua. Madrid: CEHOPU.
- MÉTRAUX, Alfred. 1940. Ethnology of Easter Island. Bernice P. Bishop Museum Bulletin 160. Honolulu: Bernice P. Bishop Museum Press.
- POZDNIAKOV, Konstantin. 1996. Les Bases du Déchiffrement de l'Écriture de l'Ile de Pâques. Journal de la Societé des Océanistes 103:2.289-303.
- ROUTLEDGE, Katherine. 1919. The Mystery of Easter Island. The story of an expedition. London.
- Thomson, William J. 1891. Te Pito te Henua, or Easter Island. Report of the United States National Museum for the Year Ending June 30, 1889. Annual Reports of the Smithsonian Institution for 1889. 447-552. Washington: Smithsonian Institution.
- Van Tiltburg, Jo Anne. 1994. Easter Island: Archaeology, Ecology and Culture. Washington D.C.: Smithsonian Institution Press.
- Vargas, Patricia; CRISTINO, Claudio and IZAURIETA, Roberto. 2006. 1000 AÑOS EN RAPA NUI. Arqueologia del Asentamiento. Santiago, Universidad de Chile, Editorial Universitaria. ISBN 956-11-1879-3.
Note
1^ Björn Alden, Wild and Introduced Plants on Easter Island in Courier Forschungsinstitut Senckenberg, Band 125, Frankfurt a. M. 1990, S. 209–216
2^ J. R. Flenley und Sarah King, Late Quarternary pollen records from Easter Island, in Nature, Vol. 307, 1984, S. 47–50
3^ Andreas Mieth, Hans-Rudolf Bork, Ingo Feeser, Prehistoric and Recent Land Use Effects on Poike Peninsula, Easter Island (Rapa Nui), Rapa Nui Journal Vol. 16, 2002
4^ Carl Johan Fredrik Skottsberg, The Natural History of Juan Fernandez and Easter Island, Uppsala 1956, S. 197–438
Galleria
Voci correlate
Collegamenti esterni
- EXN - Isola di Pasqua (inglese)
- Foto dell'Isola di Pasqua
- Cerca Isola di Pasqua
- Mappa dell'Isola di Pasqua di Map South Pacific
- Foto satellitare da Google Maps
- Il mistero dell'isola di Pasqua
- Mappa Interativo dell'Isola di Pasqua | Misantiago.cl
Errore nella funzione Cite: Sono presenti dei marcatori
<ref>
ma non è stato trovato alcun marcatore <references/>