Gilgamesh

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*[http://www.imdb.com/title/tt0404985/ Il film di Gilgamesh all'interno dell'Internet Movie Database]
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File:Gilgamesh.jpg
Gilgamesh, re di Uruk.

Gilgamesh è un personaggio della mitologia sumera. Mitico re dei Sumeri, regnò su una delle più antiche città: Uruk ("l'ovile"), il più antico agglomerato urbano dell'odierno Iraq, nelle vicinanze del golfo Persico.

Le sue vicende sono narrate nel primo poema epico della storia dell'umanità, denominato successivamente Epopea di Gilgamesh. Si tratta di una leggenda babilonese, il cui nucleo principale risale ad antiche leggende sumeriche, ma che venne trascritta molto tempo dopo il periodo in cui è ambientata la storia. La prima stesura dell'epopea, pervenutaci in frammenti appartiene alla letteratura sumerica, ma la versione più completa sinora nota venne incisa su undici tavolette di argilla che furono rinvenute tra i resti della biblioteca reale nel palazzo del re Assurbanipal a Ninive, capitale dell'impero assiro. Questa redazione tarda della leggenda, risale al VII secolo a.C.

Indice

La trascrizione dell'Epopea

Nella seconda metà dell'Ottocento George Smith, un incisore di banconote britannico, venne assunto alla sezione assira del British Museum di Londra, grazie all'interessamento di sir Henry Rawlinson. Nel 1872 Smith trascrisse e tradusse l'Epopea di Gilgamesh grazie alle tavolette trovate nei magazzini del museo. Nella trascrizione tuttavia mancava una parte, corrispondente a 17 righe. La notizia arrivò al giornale Daily Telegraph, il quale sovvenzionò una spedizione per cercare le tavolette mancanti, mettendone a capo Smith stesso.

La spedizione ottenne i risultati sperati. Il 14 maggio 1873 Smith rinvenne le tavolette mancanti: «scesi ad esaminare il deposito di frammenti di iscrizioni cuneiformi provenienti dagli scavi del giorno, togliendo la terra e spazzandola per leggerne il contenuto. Pulendone una trovai con mia gioia e sorpresa che conteneva la maggior parte delle diciassette righe di un’iscrizione appartenente alla prima colonna del racconto caldeo del Diluvio, che si inserivano nell’unico punto dove c’era una grave lacuna nel racconto ».[1]

La storia di Gilgamesh

Gilgamesh ,per due terzi divino e per un terzo umano, è un sovrano tirannico che costringe i giovani guerrieri della sua città a continui e sfiancanti esercizi, finché non incontra Enkidu, creatura selvaggia plasmata dagli dei per rispondere alle preghiere dei cittadini di Uruk. Gilgamesh ed Enkidu lottano selvaggiamente, durante la festa di Ishkarra (nella quale alcuni studiosi ritengono di ravvisare una sorta di ius primae noctis). Non riuscendo a prevalere nonostante la sua forza leggendaria, Gilgamesh, colpito dal valore del suo avversario, stringe con lui un solenne patto d'amicizia.

I due amici si avventurano fuori dalla città verso la foresta dei cedri dove il terribile mostro Humbaba sta a guardia dei pregiati alberi. Il loro scopo è tagliare i tronchi più belli per portarli ad Uruk ma vengono scoperti dal mostro. Uniti combattono e sconfiggono la bestia e così i due eroi trionfanti fanno ritorno ad Uruk con il prezioso bottino, dove la dea Ishtar, impressionata dalla bellezza e dal valore di Gilgamesh, gli propone di diventare suo sposo, ma riceve un netto rifiuto (motivato dalla discontinuità dell'amore della dea, che era solita condannare in un modo o nell'altro i suoi amanti). Ella, quindi, chiede a suo padre Anu di affidarle il Toro celeste, che scatena per le strade di Ur .Enkidu affronta due volte il toro, dapprima da solo, e poi con l'aiuto di Gilgamesh, e durante il combattimento afferra il toro per la coda mentre Gilgamesh lo colpisce con la sua spada tra le corna. I due eroi trionfano, forti del loro valore. Enkidu tuttavia per volontà degli dei muore a seguito di una malattia e Gilgamesh, per la prima volta, è affranto dal dolore.

Sconvolto, parte alla ricerca dell'unico uomo che conosce il segreto dell'immortalità: Utnapishtim, il lontano, antico re di Shuruppak e sopravvissuto al diluvio, ma quando, dopo numerose peripezie, riesce ad incontrarlo, nella terra di (dilmun) - là dove sorge il sole - deve arrendersi all'evidenza: le circostanze che hanno dato al suo antenato l'immortalità sono eccezionali e non ripetibili. Riceve però indicazioni su come raccogliere in fondo al mare un'erba simile al biancospino il cui nome è vecchio-ritorna-giovane, che intende portare al suo popolo, ma dopo essere riuscito a coglierla, immergendosi con l'aiuto del battelliere Urshanabi, mentre si riposa accanto a un ruscello, un serpente la porta via e, dopo averla mangiata, cambia pelle.

Gilgamesh fa quindi ritorno ad Uruk e qui l'epopea babilonese classica si interrompe Nella dodicesima tavoletta, incompleta, del testo ninivita, viene però riportato un episodio che per le sue peculiarità linguistiche e formali e per la scarsa coerenza con il resto della narrazione appare come un mito a sé stante, con Gilgamesh ed Enkidu come protagonisti. Vi si narra della perdita da parte di Gilgamesh di due oggetti simbolici di grande valore, un pukku e un mekku, nella "Terra"(ovvero nell'oltretomba). Si tende ad identificare questi due oggetti rispettivamente con un tamburo e una bacchetta, strumenti musicali di carattere sacro nell'antica Mesopotamia (che significa Terra tra 2 fiumi). Enkidu si offre di discendere agli inferi per ricuperarli, ma nel farlo non segue i consigli elargitigli da Gilgamesh per poter ritornare alla luce, rimanendo prigioniero dell'oltretomba. Gilgamesh prega il dio Enki di poter ancora un'ultima volta parlare ad Enkidu, e viene esaudito: Enki intercede presso Nergal, signore dell'oltretomba, che permette all'anima di Enkidu di uscire temporaneamente dal Kur. Nell'ultima parte del testo, fortemente lacunosa, Enkidu racconta all'amico diletto la sua esperienza dell'al di là, dipinto nei termini cupi e privi di speranza tipici della letteratura sumerica e mesopotamica.(terra tra i due fiumi)

La dodicesima tavoletta di Ninive fa parte in realtà di un mito sumerico: "Gilgamesh e l'albero di Huluppu", noto in altre versioni. In esso Gilgamesh, dopo aver abbattuto un albero gigantesco, costruisce con il suo legno un seggio per sé e la dea Inanna (Ishtar), il pukku e il mekku (in questa versione del mito Gilgamesh chiama la dea "sorella").

Le interpretazioni della vicenda di Gilgamesh

Il tema principale che dà forza alla narrazione è la ricerca di Gilgamesh dell'immortalità. La narrazione del poema ha un punto di discontinuità fondamentale nella morte di Enkidu: prima della sua morte ogni accadimento della saga è qualcosa di eroico e soprannaturale e il tema di fondo di questa prima parte è il viaggio come percorso di formazione. Dopo la morte del fedele amico, ogni cosa viene ridimensionata ad una dimensione umana: è la parte più dolorosa del cammino di formazione del sovrano sumero, ma è grazie ad essa che si percepisce la grandezza della sua figura. Gilgamesh nella sua ricerca dell'immortalità, del superamento dei limiti imposti, sembra quasi anticipare la sete di conoscenza che anima Ulisse nell'Odissea.

La virile amicizia tra Gilgamesh ed Enkidu è stata sovente accostata all'intenso rapporto tra Achille e Patroclo nell'Iliade. Alcuni studiosi hanno voluto vedere nel legame tra i due eroi sumerici una valenza omosessuale. A questo proposito altri studiosi hanno tuttavia constatato come ogni atto compiuto da Gilgamesh ed Enkidu sia espressione suprema di epica intensità, il più eroico possibile. Alla luce di questo anche il loro legame è da interpretarsi come un legame che è così forte, virile ed eroico da dare l'impressione di travalicare nell'amore in senso assoluto.

Il testo è inoltre considerato come la più antica descrizione disponibile degli effetti psicologici dei traumi emotivi, presentati con notevole finezza.

Il diluvio universale

La saga di Gilgamesh contiene nella narrazione il resoconto più antico a noi pervenuto dell'episodio del diluvio universale descritto nella Genesi. Nell'inquadramento generale dell'episodio alcuni studiosi hanno evidenziato un'evoluzione del mito tra le due versioni. Si è sottolineato come la versione biblica contenga delle istanze morali estranee al racconto sumerico: gli dei sumeri infatti scatenano il diluvio per puro capriccio mentre il Dio della Genesi tramite il diluvio intende punire i peccati dell'uomo.

Rivisitazioni moderne del mito

Tra gli autori di romanzi fantastici o pseudostorici che ricostruiscono o reinventano le peripezie di Gilgamesh troviamo Robert Silverberg, Angelo R. Mazzarese, Theodor H. Gaster, Paola Capriolo, Joan London e altri ancora.

A questi vanno aggiunti studiosi di archeologia misteriosa come Mario Pincherle, Zecharia Sitchin e Alan Alford.

Gilgamesh è protagonista del romanzo fantascientifico di Wilson Tucker Signori del tempo (The Time Master, 1954; catalogo Urania No. 615), dove è un naufrago spaziale precipitato sulla Terra che, grazie a un metabolismo più lento, riesce a vivere molto più a lungo degli esseri umani, anche se non all'infinito. Giunto ai giorni nostri egli assume l'identità di Gilbert Nash, di professione investigatore privato. Gilbert Nash tornerà in un altro romanzo di Tucker, L'uomo che veniva dal futuro (Time Bomb, 1955; catalogo Urania No. 743), di qualità inferiore rispetto al precedente. Gilgamesh è citato brevemente pure nel racconto Android avenger (Urania 794) di Ted White Un brano dell'album Mythos dei Raising Fear, una metal band italiana, si ispira alla saga di Gilgamesh.

L'autore argentino di origine irlandese Robin Wood ha dedicato all'eroe una vera e propria saga a fumetti, Gilgamesh, illustrata da Lucho Olivera, considerata dalla critica il suo capolavoro. L'autore statunitense Jim Starlin ha scritto per la DC Comics una futuristica graphic novel intitolata Gilgamesh II.

Un episodio della saga di Star Trek - The Next Generation, dal titolo Darmok, è fortemente ispirato (con riferimenti diretti) alle avventure di Gilgamesh.

Una nota antologia di fantascienza si intitola The Road to Science Fiction: from Gilgamesh to Wells.

Il musicista italiano Franco Battiato nel 1992 ha proposto un'opera lirica in due atti ispirata all'epopea di Gilgamesh.

Nella serie animata giapponese intitolata "Fate/Stay Night" Gilgamesh è il nemico finale da sconfiggere.

Nella celebre saga videoulica di Final Fantasy, Gilgamesh compare molte volte: In FFV come Boss; in FFIX come NPC, in FFVIII come Guardian Force, e in FFXII come Boss (comunque su FFVIII e XII essi si rifanno al nemico di FFV). Da notare che Gilgamesh è sempre accompagnato da Enkidu (che però spesso ha la forma animale tranne che in FFVIII)

Note

  1. Citazione tratta da I detective dell'archeologia (1965), a cura di C.W. Ceram. Traduzione di Luciana Bonaca.

Bibliografia

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