Sfinge di Giza

Da Ufopedia.

Sfinge di Giza

La sfinge di Giza è la più grande statua monolitica del mondo e fu costruita per l'archeologia ufficiale circa 4.500 anni fa. Raffigura una sfinge, più precisamente un'androsfinge, essere mitologico con volto umano e corpo di leone accovacciato.

Il monumento, che si trova a fianco del viale che conduce dal tempio a valle alla Piramide di Cheope a Giza, venne probabilmente ricavato da un affioramento di roccia proprio nella zona delle cave di pietra usate per la costruzione della piramide stessa. La statua è lunga 73 metri, larga 6 metri e raggiunge un'altezza di 20 metri.

Il volto raffigurato è stato attribuito a Userib (o Chefren), sovrano della IV dinastia (2630 a.C.-2510 a.C.). Secondo recenti studi la statua rappresenterebbe invece Cheope e la sua costruzione sarebbe da attribuire al figlio di questi, Djedefra, a lui succeduto prima di Kefren. La statua è parte integrante di un ampio complesso funerario.

Dopo che la necropoli fu abbandonata, la Sfinge fu ricoperta dalla sabbia fino alle spalle. Il primo tentativo di disseppellirla fu fatto verso il 1400 a.C. dal giovane Thutmose IV, al quale sarebbe apparso in sogno il dio-sole Ra-Harakhte (Horo dell'orizzonte), che gli avrebbe promesso il regno, se avesse liberato dalla sabbia la statua. Diventato re, Thutmose commemorò l'impresa con una stele di granito posta tra le zampe.

Fu solamente nel 1817 che Giovanni Battista Caviglia intraprese i lavori di scavo per liberarla dalla sabbia; dopo un'interruzione, le operazioni ripresero con Auguste Mariette nel 1853 e si conclusero nel 1886 per opera di Gaston Maspero. La Sfinge fu completamente visibile a partire dal 1925.

Il tempo e l'erosione hanno apportato notevoli danni alla statua. La perdita del naso, che già è assente in alcuni disegni eseguiti da Frederick Lewis Norden nel 1737 e pubblicati nel 1755, è probabilmente da attribuire, sulla base di una testimonianza di uno storico arabo, al XIV secolo.

Frammenti della barba posticcia, anch'essa mancante, sono conservati al British Museum di Londra.

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