Valle dei Re

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L'importanza della ricerca "sul campo" sotto il profilo storico artistico spinse i governi a coinvolgersi nelle spedizioni, fornendo alle stesse una valenza ben diversa che non fosse esclusivamente il profitto o la ricerca privata ed inorganica di oggetti e "tesori" svincolati dal contesto.
L'importanza della ricerca "sul campo" sotto il profilo storico artistico spinse i governi a coinvolgersi nelle spedizioni, fornendo alle stesse una valenza ben diversa che non fosse esclusivamente il profitto o la ricerca privata ed inorganica di oggetti e "tesori" svincolati dal contesto.

Versione delle 15:34, 29 dic 2008

La valle dei Re

Con il nome valle dei Re si suole indicare un'area geografica dell'Egitto, situata vicino all'antica Tebe, l'odierna Luxor, il cui accesso è a meno di 3 km dalla riva occidentale del Nilo, di rilevante importanza archeologica.

Per un periodo di quasi 500 anni, a partire dalla XVIII sino alla XX dinastia, ovvero dal 1552 a.C. al 1069 a.C. venne scelta quale sede delle sepolture dei sovrani dell'antico Egitto, quelli che proprio a partire dalla XVIII dinastia prenderanno il nome da Per-Aa, ovvero la "Grande Casa", da cui il nostro termine di Faraoni.

La valle è conosciuta in arabo come Biban el-Moluk ( بيبان الملوك) ovvero la valle delle "porte dei re" (dacché Bab significa "porta" e Biban ne è il suo plurale) e nelle sue tombe - sino ad oggi ne sono state rinvenute 63 - sono esclusivamente sepolti i sovrani del paese, mentre alle consorti reali ed ai principi era destinata un'altra area alquanto prossima: la cosiddetta Valle delle Regine (Ta-Set-Neferu).

Il nome ufficiale della valle nella lingua egizia era Ta-sekhet-a'at (il Grande Campo).

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Indice

Aspetti morfologici e geografici

La piramide naturale

La scelta di questa particolare wadi, o valle, e non una delle molte altre esistenti, sarebbe stata frutto di vari fattori di ordine morfologico-geografico oltre che religioso.

Una prima motivazione è di ordine verosimilmente pratico: la pietra calcarea di cui è costituita la valle è infatti facilmente lavorabile e scavabile, il che consentiva una certa facilità di lavorazione, oltreché la possibilità altrettanto semplice di ottenere pareti abbastanza liscie su cui poter dipingere.

Dal punto di vista morfologico inoltre la Valle ha un solo accesso, il che ne consentiva il facile presidio a cura di sentinelle che venivano poste sui crinali che la sovrastano.

Terza ma non meno importante la caratteristica geografica: la Valle è prospiciente al fiume Nilo e dunque era facilmente raggiungibile dalle processioni funerarie degli antichi re.

Struttura geologica

Schema degli strati geologici della Valle dei Re

La Valle dei Re è geologicamente strutturata in tre strati principali:

  1. calcare bianco tebano (da 300 m. s.l.m. -altezza media delle colline tebane - a 150 m.)
  2. scisto detto di Esna (da 150 a circa 90 m.)
  3. gesso di Dakhla (da 90 m.)

Le tombe della XVIII dinastia sono generalmente scavate nelle pareti della valle (salvo rare eccezioni come quella di Tutankhamon, KV62) sfruttando spesso (come nel caso della tomba di Thutmosi III) il "letto" di antiche cascate. Spesso, proprio per tale caratteristica, le loro entrate sono state ricoperte da detriti trascinati in basso dalle piogge.

Le tombe della XIX dinastia vennero invece scavate nel vallone, insinuandosi nel sottosuolo; per tale motivo, sono quelle che maggiormente hanno sofferto nel corso dei millenni di infiltrazioni d'acqua piovana.

Le tombe della XX dinastia infine vennero scavate a livello del suolo e sono dunque quelle che meno hanno sofferto per le infiltrazioni d'acqua.

Aspetti religiosi

I fattori religiosi avrebbero a loro volta favorito la scelta della valle come luogo delle sepolture reali. Si consideri infatti che la dea Hathor, connessa all'idea di rinascita dei faraoni defunti, era considerata la protettrice dell'area montuosa tebana. La Valle è inoltre sovrastata da una montagna sacra, l'antica "Meret-Seger" ("Colei che ama il silenzio") la cui cima (Qurna in arabo) era conosciuta come Demenet ("La fronte") che dalla Valle, e solo da questa prospettiva, assomiglia ad una piramide.

Tuttavia, il termine "Valle", a ben guardare, potrebbe essere considerato errato giacché non si tratta di una sola valle, bensì di due, una occidentale ed una orientale. Mentre solo 4 sepolture sono state scoperte nella valle occidentale, 58 sono quelle ad oggi esistenti della orientale per un totale, come sopra accennato, di 62, non considerando altri scavi (i cosiddetti "pozzi") impiegati nell'antichità quali sepolture minori o di animali o come depositi.

Nonostante le predisposizioni di sicurezza, tuttavia, ed il servizio di guardiania armata cui si è sopra fatto cenno, le tombe della Valle vennero tutte depredate già nell'antichità; la stessa tomba di Tutankhamon (KV62) era stata oggetto di ruberie tanto che, nonostante la completezza e la ricchezza delle suppellettili sepolcrali rinvenute da Howard Carter, si calcolò che oltre il 60% dei gioielli era stato asportato dai ladri che vi erano penetrati almeno due volte. In ogni occasione, i guardiani della Valle avevano provveduto a rimettere in ordine, per quanto possibile, ed a richiudere la tomba apponendo il sigillo della necropoli (uno sciacallo che sovrasta 9 prigionieri – i nemici dell'Egitto - legati per le braccia). Da notare che proprio la KV62 è l'unica tomba della Valle che ancora oggi è tale, ospitando le spoglie del faraone Tutankhamon.

I testi sacri

Le tombe della Valle non sono tutte abbellite con rilievi o dipinti, tuttavia, quando questi compaiono, si tratta nella maggior parte dei casi di testi sacri che entrano, dalla XVIII Dinastia, a far parte del corredo stesso delle sepolture regali e che debbono accompagnare il defunto nel suo viaggio nell'aldilà per consentirgli di “vivere” ancora nel mondo ultraterreno. Si concretizzano, generalmente, in raccolte di formule, o detti, o racconti incentrati sul viaggio notturno del Dio sole (nelle sue diverse manifestazioni) e della sua lotta con le forze del male (tra cui il serpente Apophis) che tentano, nottetempo, di fermarlo per non farlo risorgere al mattino. Normalmente indicati con il titolo di "Libro" sono, di fatto, rilievi parietali, o riportati sui sarcofagi o (raramente per ovvi motivi di fragilità del supporto) trascritti su papiro. Nella tabella "A" che segue, sono riportati i titoli dei libri nonché le tombe in cui sono, rispettivamente, rappresentati in tutto o in parte.

Architettura delle tombe

È possibile rilevare concrete differenze tra le tombe delle diverse dinastie anche dal punto di vista strettamente architettonico.

La valle ospita, come detto, fondamentalmente tombe delle dinastie XVIII, XIX e XX. Come fattore comune tuttavia le tombe si sviluppano secondo uno schema logico che prevede la sequenza di quattro "passaggi", indipendentemente dalla struttura planimetrica: ad una "entrata" segue un "santuario in cui riposano gli dei dell'est e dell'ovest", poco oltre la "sala dell'attesa", quindi una prima sala colonnata detta anche "sala del carro" cui segue la "camera funeraria" (o seconda sala colonnata), detta anche "sala dell'oro", che ospita il sarcofago (il nome di sala d'oro deve intendersi nel senso che di tale metallo prezioso era la carne degli dei, cui il re defunto era pienamente assimilato).

XVIII dinastia

Schema di tomba della XVIII dinastia

Dal punto di vista planimetrico (vedi rappresentazione schematica), le tombe della XVIII dinastia si sviluppano secondo un asse "piegato" o "a gomito", riprendendo di fatto la struttura dei passaggi esistenti nelle precedenti sepolture piramidali del Medio Regno, che rappresenterebbe il percorso contorto e pericoloso che il sole deve percorrere, secondo i testi sacri, nel suo viaggio notturno per poter risorgere al mattino, così come il faraone defunto risorgerà nel mondo oltreterreno. Non è escluso tuttavia che le prime tombe di questa dinastia siano state strutturate in tal modo così da adattarsi all'andamento delle rocce in cui erano scavate, seguendo linee naturali più facili da lavorare.

L'entrata è generalmente preceduta da una scala, cui segue un corridoio in discesa che sfocia nel "Santuario in cui gli Dei dell'est e dell'ovest riposano". Si tratta sostanzialmente di due nicchie scavate nelle pareti, verosimilmente con una funzione pratica: dato il peso delle suppellettili e specialmente del sarcofago, in fase di sepoltura qui si procedeva ad una prima sosta di riposo. Altri locali che forse rivestivano la medesima utilità pratica (oltre che rituale) erano la "Sala dell'Attesa" ove, peraltro, si procedeva ad organizzare la volta che il sarcofago avrebbe dovuto compiere per poter iniziare la discesa verso la camera funeraria, e la prima sala colonnata. La tomba si sviluppa, in ogni caso, verso il basso, mediante il ricorso a scale intagliate della roccia.

Il sarcofago è posto con andamento ortogonale rispetto al corridoio di accesso alla camera funeraria. È interessante rilevare che, almeno per le prime tombe di questa dinastia, la camera funeraria ha gli spigoli angolari arrotondati, costituendo così in pianta la figura del cartiglio.

XIX dinastia

Schema di tomba della XIX dinastia

Nelle tombe della XIX dinastia si assiste ad una rettifica del percorso contorto precedente, ma ancora entrata e camera funeraria sono disallineate (vedi schema) ed ancora il raggiungimento della camera funeraria avviene mediante scale. Si ritiene che la variazione architettonica sia derivata dalla struttura delle tombe realizzate ad Akhetaton, oggi Tell el-Amarna, durante il breve periodo dell'Eresia Amarniana di Akhenaton. Le tombe peraltro - al contrario di quanto avveniva con quelle della precedente XVIII dinastia, le cui entrate erano sigillate con pietrame - presentavano porte in legno per garantire, unitamente al servizio di sicurezza che presidiava la valle da intrusioni estranee, più agevoli ispezioni da parte dei funzionari preposti. Normalmente nella prima sala colonnata si apriva una camera laterale (non riportata nello schema) che doveva servire verosimilmente quale falsa camera sepolcrale, dunque per scoraggiare eventuali ladri.

Anche in queste sepolture il sarcofago è posizionato ortogonalmente rispetto al corridoio di entrata.

XX dinastia

Schema di tomba della XX dinastia

Con la XX Dinastia si giunge alla definitiva semplificazione della struttura architettonica: la tomba si apre a livello del suolo anche se il percorso è pur sempre in discesa, ma vengono eliminate le scale ed allargati i corridoi; Camera funeraria ed entrata sono sullo stesso asse e sul medesimo asse viene posizionato anche il sarcofago. A riprova della valenza pratica delle nicchie esistenti nel "Santuario in cui gli Dei dell'est e dell'ovest riposano", nelle tombe della XX Dinastia queste spariscono per lasciar spazio, inoltre, ad un pozzo il cui scopo è raccogliere l'acqua piovana ed evitare l'allagamento della tomba. È evidente l'intento pratico esistente nella realizzazione di queste strutture, così come il risparmio di risorse vuoi per la realizzazione materiale del sito, vuoi per le operazioni di sepoltura in senso stretto.

Il villaggio operaio

Un'area tanto vasta ed il cui impiego durerà tanto nel tempo aveva necessariamente bisogno di maestranze dedicate allo scavo delle tombe, nonché alla loro decorazione e sicurezza. Poco discosto dalla Valle perciò esisteva (e tutt'oggi esiste) un insediamento abitativo che ospitava gli operai, gli artigiani e gli artisti che lavoravano alla realizzazione ed alla manutenzione delle tombe della valle. Si tratta del villaggio di Deir el-Medina, uno dei tre villaggi destinati agli operai egiziani di cui si ha notizia (gli altri sono il villaggio operaio nell'area di el-Amarna, l'antica Akhetaton, ed il villaggio di El-Khaum risalente alla XII Dinastia ed ubicato presso El-Lashur).

Il luogo in cui sorge il villaggio, di cui si hanno però notizie fin dall' XI dinastia, è relativamente lontano dal Nilo (perciò l'approvvigionamento idrico avveniva probabilmente con carovane di bestie da soma) ed è circondato da mura, verosimilmente con intento difensivo, ma forse maggiormente con intento restrittivo della libertà degli operai, i quali erano tuttavia, per ogni altro aspetto, liberi e regolarmente salariati.

A proposito della Valle dei Re l'archeologo britannico Howard Carter, lo scopritore della Tomba di Tutankhamon, scrisse:

« Il suo solo nome ci proietta nel sogno! Tra tutte le meraviglie dell'Egitto, non ve n'è una che colpisca altrettanto l'immaginazione. Qui lontano dal frastuono della vita, in questa valle desertica, dominata dalla cima come da una piramide naturale, giacciono una trentina di re. »

La Valle nella storia dell'archeologia

La passione per l'antico Egitto ha sempre spinto curiosi ed appassionati a visitare la Valle dei Re, fin dall'antichità e prima che l'avventura archeologica iniziasse con il suo corredo di scoperte talora eclatanti.

Greci e Romani

Dopo il declino e la chiusura della Valle dei Re quale sito di sepoltura dei faraoni egizi, per oltre 500 anni se ne perse il ricordo, fino all'avvento dei primi "turisti" greci che giunsero sulla scia di Alessandro Magno. Dal III secolo a.C. al II secolo d.C. l'Egitto fu meta di curiosi ed appassionati - tra i quali non si può non ricordare l'Imperatore Adriano nel 130 - che già all'epoca si aggiravano tra le antiche vestigia con tanto di guida alla mano. Le guide più importanti sono sicuramente quella scritta da Diodoro Siculo (che visitò l'Egitto tra il 60 a.C. ed il 56 a.C.) e quella di Strabone (amico di Elio Gallo, prefetto d'Egitto durante il regno di Augusto, tra il 25 a.C. ed il 24 a.C.). Le loro informazioni si basavano sui racconti dei preti egizi che davano come esistenti nella valle 47 tombe secondo Diodoro Siculo e "circa 40" secondo Strabone.

Anche all'epoca esisteva la cattiva usanza di tracciare graffiti sui muri delle località visitate: sono circa 2000 quelli oggi a noi noti in greco e latino (vedi tabella sotto riportata), mentre altri ne esistono in fenicio, cipriota, licio ed in altre lingue straniere, senza menzionare il copto. In base a tali graffiti è possibile stabilire che il periodo in cui la valle era più frequentata dagli antichi "turisti" era il periodo invernale, da gennaio ad aprile (24 graffiti riportano tali date), mentre meno frequentate erano l'autunno, da settembre a dicembre (con 11 graffiti datati) e l'estate, da maggio ad agosto (10 graffiti).

La tomba di Ramses VI (iniziata per il suo predecessore) è, in tal senso una miniera di graffiti; se ne contano infatti un migliaio. Tra questi è interessante l'iscrizione lasciata in greco all'ingresso (KV9) che assegna la tomba a Memnone, generale ed eroe greco morto durante l'assedio di Troia, cui erano anche assegnate le due enormi statue (ancora esistenti) del tempio funerario di Amenhotep III note, appunto, come Colossi di Memnone.

I primi viaggiatori (1595-1792)

Rilievi della Tomba di Ramses VI (particolare)

Dopo il periodo che possiamo definire "turistico" greco-romano, la valle scompare quasi nell'oblio, fatte salve le comunità cristiano-copte, che occupano spesso le tombe già note e più facilmente raggiungibili, trasformandole, oltre che in abitazioni, in chiese. L'interesse turistico prosegue nei siti del Basso Egitto, a nord del paese, ed anche questo contribuirà a far dimenticare l'esistenza della Valle dei Re fino a che Abraham Ortelius, in una sua mappa del 1595, non identifica Luxor con l'omerica "Tebe dalle cento porte".

La prima visita di un viaggiatore europeo, ma senza particolare enfasi, sarà nel 1668 quella di Padre Charles Francois seguito - questa volta con maggior interesse tanto da fare connessioni storiche - da Padre Claude Sicard, capo delle missione gesuitica al Cairo il quale, visitata la valle nel 1708, viaggiò poi in Egitto dal 1714 al 1726. Pare che Padre Sicard avesse localizzato 10 tombe, ma gran parte delle sue carte è andata smarrita.

La prima pubblicazione organica sulla valle si deve tuttavia ad un inglese, Richard Pococke (successivamente vescovo di Meath, in Irlanda), che pubblicò nel 1742 Osservazioni sull'Egitto in cui precisò di aver visitato 15 tombe. A ricordo della sua missione nella Valle, egli lasciò un graffito il 16 settembre 1739 di cui oggi non si ha più traccia, ma che venne notato da un altro viaggiatore inglese, William Hamilton.

Nel 1768 sarà la volta di un viaggiatore scozzese, James Bruce, che seguì le orme di Pococke e visitò sicuramente nel 1790 la tomba di Ramses III nota anche con il nome, appunto, di "Tomba Bruce", ma anche con quello di "Tomba delle arpiste".

William George Brown, un esploratore anch'egli inglese (troverà poi la morte nel 1813 durante una missione verso Samarcanda), visiterà la Valle nel 1792 e lascerà il suo nome in una delle sale della tomba KV11 di Ramses III.

Antiquari, mercanti e sapienti (1672 - 1820)

Il rinnovato interesse per l'Antico Egitto fece nascere sempre più una sorta di mania di collezionismo che spinse molti nobili e sovrani a sovvenzionare spedizioni alla ricerca di tesori o di semplici oggetti con cui organizzare la propria collezione privata. La prima spedizione di tal genere si deve al tedesco Padre J.B. Vansleb che nel 1672, per ordine di re Luigi XIV di Francia, raggiunse la valle per cercarvi "manoscritti, antiche monete, statue, bassorilievi di buona fattura per la raccolta di Sua Maestà". La spedizione fu un fiasco, ma aprì di certo la strada alle successive.

Solo nel 1693 il console francese Benoit de Maillet suggerì di fare viaggi in Egitto e nella Valle non solo per collezionare valori ma anche per studiare le tombe.

Napoleone

Nel 1798 Napoleone Bonaparte tentò l'avventura egiziana per assicurare alla Francia un passaggio verso le ricchezze dell'India attraverso Suez. Della sua Armata facevano parte anche 139 "Sapienti" il cui ruolo era, pur se alle dipendenze di un esercito in pieno assetto di guerra, quello di studiare ogni possibile aspetto geografico, storico, antropologico, del paese moderno, ma anche di quello antico. Tra tali saggi, ma in questo caso non facente parte del gruppo, figurava il barone Vivant Denon che nel 1802 pubblicò Voyages dans le Basse et la Haute Egypt, un resoconto che contribuì ancor di più a scatenare la passione europea, e non solo, per l'Antico Egitto.

Rilievi dalla tomba di Ramses VI: Horus ed Amon

La spedizione militare fu disastrosa: vinta la "battaglia delle piramidi", Napoleone entrò vittorioso al Cairo, ma solo otto giorni dopo l'ammiraglio britannico Orazio Nelson sbaragliò la flotta francese nella baia di Abukir e tagliò fuori l'armata napoloeonica dalla possibilità di rientrare in Francia per tre anni. Non si trattò, fortunatamente, di anni persi dal punto di vista storico, giacché i "sapienti", seppure ridotti di un terzo per perdite varie, proseguirono nella loro attività di studio e il 25 gennaio 1799 raggiunsero Tebe e la Valle dei Re. Gli studiosi - che nel frattempo avevano fondato l' "Istitut d'Egypte" - si appassionarono alla valle e a due di essi, Prosper Jollois ed Edouard de Villiers du Terrage, venne dato espresso incarico di "mappare" la valle e studiarla, tracciando planimetrie delle tombe e riportando disegni dei rilievi. La cartografia conseguente fu una delle più esatte, da quella "primitiva" di Pococke di circa 60 anni prima, e riportò l'ubicazione esatta di 16 tombe. Analogamente saranno perfetti, ed oggi unico ricordo in molti casi, i disegni dei rilievi tombali. Il lavoro di Jollois e de Villiers confluì poi nell'opera monumentale, voluta dallo stesso Napoleone, della Description de l'Egypte che venne pubblicata tra il 1809 ed il 1822 in 19 volumi.

Bernardino Drovetti

Eredità della spedizione napoleonica fu Bernardino Drovetti, piemontese di nascita e colonnello dell'armata, che nei successivi trent'anni rivestì, con alterne vicende, l'incarico di console generale francese in Egitto. Appassionato del paese e dei suoi tesori, eseguì ricerche giungendo sino ad Abu Simbel, senza tuttavia disdegnare di far ricorso ad ogni mezzo - dinamite compresa - per impinguare la sua raccolta, che è peraltro alla base di quello che divenne successivamente il Museo Egizio di Torino.

Henry Salt e Giovanni Battista Belzoni

Suo avversario sul campo della ricerca (così come nell'incarico di console generale, che rivestì parecchie volte) fu il britannico Henry Salt, giunto in Egitto nel 1816. Al suo servizio lavorò un'altra delle figure più celebri della ricerca egiziana: Giovanni Battista Belzoni. Italiano, ingegnere idraulico, famoso per la sua notevole altezza e per la sua forza (aveva lavorato in un circo come "uomo forzuto"), Belzoni era giunto a Londra nel 1802 (proprio nell'anno in cui la Stele di Rosetta veniva esposta al British Museum) e di qui, con la speranza, risultata vana, di vendere una pompa idraulica di sua invenzione, si era trasferito in Egitto. Belzoni accettò quindi l'incarico offertogli da Salt che intendeva avvalersi della sua preparazione ingegneristica. Uno dei primi incarichi portati a termine da Belzoni fu il trasporto, dal Ramesseum (nella piana di Deir el-Bahari) al Nilo, di una testa colossale di Ramses II, opera che egli compì in due settimane e che non era precedentemente riuscita a Drovetti. Salt, di fatto datore di lavoro di Belzoni, si interessò anche alla Valle dei Re e, in particolare, alla "Tomba Bruce", quella di Ramses III. Anche in questo caso, Salt ricorse all'opera di Belzoni per trasportare fino al Nilo, e quindi in Francia, dove sarebbe entrata a far parte prima della collezione di Re Luigi XVIII e poi di quella del Louvre, il sarcofago del Re.

I rapporti con Belzoni però ben presto si deteriorarono anche perché Salt si rifiutò di dare il giusto risalto alla figura dell'italiano per le sue effettive scoperte. Fu così che Belzoni, rotto il rapporto di lavoro con Salt, si dedicò autonomamente alle scoperte nella Valle. Alle 47 tombe note dall'antichità, l'italiano ne aggiunse altre otto (vedi tabella "C") tra cui, di certo, la più bella sino ad oggi scoperta, la KV17 di Sethy I, nota anche con i nomi di "Tomba Belzoni" o "Cappella Sistina egiziana".

Singolare è la storia del sarcofago di alabastro translucido di Sethy I che Belzoni portò a Londra ed offri, per 2000 sterline, al British Museum che rifiutò, scatenando le ire dell'opinione pubblica per il mancato acquisto. Il sarcofago venne poi acquistato, nel 1824, dall'architetto britannico John Soane che lo installò nella "cripta" della sua casa di Londra ove ancora oggi si trova.

Giovanni Battista Belzoni lasciò la Valle dei Re per dedicarsi ad altre spedizioni e morì nel 1823.

I "dilettanti"

Accanto agli "esploratori", fossero essi semplici ricercatori di tesori o studiosi e "sapienti", sono di certo da annoverare i "dilettanti" senza, comunque, voler dare a tale termine un valore dispregiativo giacché in alcuni casi, come vedremo, proprio l'opera di non professionisti ancora oggi perdura.

In questo senso, particolarmente importante fu l'opera di John Gardner Wilkinson (vedi più sotto in questa stessa voce), appassionato di egittologia ed annoverato oggi tra i padri di questa branca dell'archeologia, cui si deve tra l'altro, oltre gli studi approfonditi sui rilievi tombali, il sistema di numerazione delle tombe della Valle ancor oggi utilizzato (da KV1 a KV21).

La camera funeraria della tomba di Ramses VI

Altro dilettante che ha lasciato il suo indelebile ricordo nella storia della Valle dei Re fu James Burton che compì numerosi scavi ed il cui impegno contribuì anche alla salvaguardia di alcuni dei più importanti "gioielli", come ad esempio la tomba KV17, la "Tomba Belzoni", di Sethy I. Egli provvide infatti alla costruzione di piccole "dighe" innanzi all'ingresso ed allo svuotamento del pozzo esistente all'inizio della tomba (che era stato riempito da Belzoni per consentire un più agevole svolgersi dei lavori all'interno del sepolcro) e che, come nell'antichità, riacquistò perciò il proprio compito di raccolta delle acque piovane le quali, altrimenti, avrebbero invaso la tomba.

A Burton si deve inoltre l'inizio dei lavori di svuotamento della KV20 di Hatshepsut che, sospesi per timore di esalazioni venefiche, venne poi completato, oltre 80 anni dopo, da Howard Carter. Superficialmente Burton, strisciando in un cunicolo strettissimo, visitò anche l'enorme KV5, dei figli di Ramses II, il cui svotamento, ancora in corso ai nostri giorni a cura dell'equipe diretta da Kent R. Weeks, ha consentito di individuare la presenza, sino ad ora, di oltre 130 stanze. Anche Burton, così come Wilkinson, assegnò un riferimento alle tombe conosciute, ma nel suo caso preferì ricorrere a lettere dell'alfabeto. Tutto il lavoro di Burton fu poi raccolto, dopo la sua morte, in 63 volumi, oggi al British Museum, il cui valore non è stato ancora del tutto decifrato.

Nel decennio 1820-1830 la Valle dei Re vide un altro appassionato frequentatore: il ricchissimo antiquario Robert Hay, lontano cugino di Burton, che installò la sua base all'interno della tomba di Ramses IV (KV2) non disdegnando di utilizzare quale "stanza per gli ospiti" la tomba KV9 di Ramses VI, nonché altre sepolture per l'alloggiamento del suo seguito. Anche il suo lavoro, come quello di Burton, venne raccolto postumo in 49 volumi oggi alla "British Library". A lui si deve inoltre un terzo sistema di catalogazione delle tombe della Valle semplicemente numerate in ordine progressivo in funzione delle sue "visite".

Le grandi spedizioni (1828-1840)

L'importanza della ricerca "sul campo" sotto il profilo storico artistico spinse i governi a coinvolgersi nelle spedizioni, fornendo alle stesse una valenza ben diversa che non fosse esclusivamente il profitto o la ricerca privata ed inorganica di oggetti e "tesori" svincolati dal contesto.

Rosellini e Champollion

La prima grande spedizione di tale genere può senz'altro identificarsi in quella che Ippolito Rosellini, professore di lingue orientali all'Università di Pisa, intraprese nel 1828 con il finanziamento del Granduca di Toscana. Del corpo di spedizione facevano parte, oltre lo stesso Rosellini, 12 tra architetti ed artisti nonché un giovane studioso destinato a diventare uno dei più grandi nomi dell'egittologia: Jean-Francois Champollion, il futuro decifratore della Stele di Rosetta e dei geroglifici.

il corridoio della tomba di Ramses IV

La missione approdò a Luxor nel marzo del 1829, dopo tre mesi in Nubia, e si accampò, come era usanza all'epoca, nella tomba di Ramses VI (KV9). Nella Valle dei Re la spedizione sostò per due mesi, copiando e studiando i geroglifici, così che Champollion poté dimostrare l'esattezza della sua scoperta. Il lavoro di traduzione, verosimilmente molto intenso, arrivò persino a diventare noioso se uno dei partecipanti (Nestor l'Hôte, allievo di Champollion) annotò nel suo diario "Dio! i geroglifici sono davvero noiosi e depressivi! Ne siamo tutti stanchi!". La squadra di Rosellini e Champollion visitò 16 tombe della Valle principale da cui ricopiò tutti i rilievi che sarebbero poi confluiti nell'opera postuma di Champollion, pubblicata nel 1845, "Monuments de l'Egypte e de la Nubie". Precedentemente, nel 1832, Ippolito Rosellini aveva a sua volta pubblicato "I Monumenti dell'Egitto e della Nubia" in cui appaiono splendidi disegni ricchi del colore che all'epoca doveva essere ancora ben visibile sulle pareti delle tombe.

Lepsius

Nel 1842 giunge in Egitto, organizzata da Federico Guglielmo IV di Prussia e capeggiata dall'archeologo tedesco Carl Richard Lepsius, una spedizione che soggiornerà nel paese per quattro anni (sino al 1845) conseguendo, sotto la guida dell'esperto Lepsius, risultati eccellenti e che furono poi alla base della ricca collezione del Museo Archeologico di Berlino. Lo scopo era duplice: da un lato la ricerca in sé per lo studio dell'antico Egitto e dall'altro proprio la raccolta di materiale: Lepsius inviò in patria oltre quindicimila pezzi e gli esiti vennero pubblicati, tra il 1849 ed il 1859, in 12 volumi complessivamente denominati "Denkmäler aus Aegypten und Aethiopien".

La spedizione Lepsius, che "mappò" 25 tombe utilizzando il metodo di numerazione proposto da Wilkinson, si stanziò nella Valle dall'ottobre 1844 al febbraio 1845 proseguendo nell'opera dei rilevamento delle pitture tombali ed impegnandosi in operazioni di svuotamento delle tombe KV7, di Ramses II, KV8 di Merenptah e KV20 di Hatshepsut.

La modernizzazione (1844-1899)

Con la seconda metà dell'Ottocento l'egittologia finalmente acquistava piena valenza scientifica ed iniziava la difesa del territorio e del suo contenuto archeologico, per lo studio e la ricerca dell'antica civiltà egiziana. Non più quindi solo demolizioni brutali di tombe alla ricerca di tesori sepolti, o razzie di oggetti e mummie, ma esame approfondito del contesto in cui determinati oggetti si trovavano, catalogazione dei medesimi, studio sistematico per giungere alla possibile ricostruzione della realtà antica.

Auguste Mariette

Agli albori di tale nuovo modo di vedere l'egittologia deve inquadrarsi la figura del francese Auguste Mariette, inviato in Egitto dal Louvre con il preciso scopo di reperire antichi papiri copti. Affascinato dal deserto menfita, Mariette vi soggiornò a lungo; non trovò papiri copti, con disappunto dei suoi committenti, ma scoprì quello che (impropriamente) venne chiamato "Serapeo", ovvero il luogo di sepoltura dei sacri tori Api. L'archeologo rimase in Egitto a lungo; nel 1858 divenne direttore dei monumenti egizi e nel 1863 pose le basi di quel che in seguito divenne il Museo Egizio.

L'enorme impiego di mezzi (circa 7000 uomini complessivamente) non fruttò molto a Mariette "sul campo" dello scavo, se non poche sculture di minore interesse ed iscrizioni tombali. Nonostante ciò, il nome di Mariette è ricordato nella storia dell'egittologia poiché a lui si deve, oltre l'embrione del Museo Egizio del Cairo, anche la creazione del "Egyptian Antiquities Service" (il "Servizio delle antichità egizie") alla cui fondazione contribuì in seguito un altro famoso francese: Gaston Maspero.

Lefébure e Loret

Alla morte di Mariette, Gaston Maspero ne assunse l'incarico quale direttore del servizio delle antichità egizie; a sua volta l'incarico di Maspero, quale Direttore della Missione Archeologica Francese, venne assunto nel 1881 da Eugène Lefébure. Già funzionario del Servizio Postale Francese, Lefébure, alla morte della moglie, si dedicò allo studio dell'egittologia recandosi sul posto, dove ben presto si fece notare per la sua perseveranza. Nel gennaio 1883 raggiunse la Valle dei Re e ad aprile dello stesso anno aveva già copiato, per intero, tutti i geroglifici della tomba KV17 di Sethy I ed era già avanti con le attività connesse alla tomba KV2 di Ramses IV (che, peraltro, utilizzava come sua "base"). In quattro anni pubblicò due corposi volumi dal titolo "Les hypogées royaux de Thèbes" che contiene i primi accenni e le prime planimetrie di tombe non ancora numerate (KV25, 26, 29, 37, 40, 59). Nel 1884 Lefébure lasciò per sempre l'Egitto per rientrare in Francia.

Nel frattempo, Gaston Maspero lasciò nel 1886 l'incarico di direttore del servizio delle antichità, sostituito da Eugène Grébaut e quindi, nel 1892, da Jacques de Morgan che resse l'incarico fino al 1897, quando fu a sua volta sostituito da Victor Loret. Per inquadrare subito la figura di Loret, si consideri che uno dei suoi assistenti scrisse di lui "...il direttore precedente era un piccolo diavolo, ma niente a confronto di Loret che era venti diavoli...".

Giunto in Egitto nel 1881, Loret aggiunse dal 1898 al 1899 16 tombe alla cartografia della Valle di cui solo cinque già note dall'antichità (vedi tabella delle scoperte di Loret). Sfortunatamente, il materiale documentale lasciato da Loret è molto scarso e si è in possesso solo dei rapporti preliminari delle due tombe di Amenhotep II (KV35) e di Thutmosi III (KV34) nonché, solo a partire dagli anni '70 del XX secolo, di una planimetria di Loret scoperta al Brooklin Museum.

I grandi scopritori (1900 - 1922)

Con il nuovo secolo e l'ormai assestata cultura egittologica, la Valle dei Re vedrà intensificarsi ancora più l'attività di scavo, da cui scaturiranno alcune delle più importanti scoperte archeologiche, a cura ancora di "avventurieri" a caccia prevalentemente di fama e tesori nascosti, ma anche, tra gli altri, di colui che nel mondo rappresenta forse il prototipo dell'archeologo "scientifico": Howard Carter.

Howard Carter (1900-1904)

Nel 1899 Gaston Maspero, dopo un intervallo di 13 anni, tornò al suo incarico di direttore del servizio delle antichità. Se è pur vero che l'attività di Victor Loret è stata prodiga di scoperte, fu proprio Maspero, o più esattamente il giovane archoelogo da lui protetto, Howard Carter, che diede il massimo impulso alla ricerca archeologica egiziana e della Valle in particolare. Nel 1899 infatti Carter (che aveva poco più di 25 anni) venne nominato capo Ispettore delle antichità dell'Alto Egitto (ovvero del sud del paese). Aveva iniziato la sua attività di scavo 7 anni prima ed il suo primo ritrovamento nella Valle avvenne nell'inverno del 1900: si trattava della tomba KV42, originariamente iniziata per la Regina Hatshepsut-Meryetre (moglie di Thutmosi III), poi destinata al nobile Sennefer "sindaco" dell'antica Tebe durante la XVIII Dinastia. Alcuni oggetti di questa tomba, ma non la tomba stessa, erano stati rinvenuti precedentemente durante gli scavi di Loret.

Dopo pochi mesi, nel gennaio del 1901, Carter scoprì la KV44 contenente sette differenti corpi, verosimilmente appartenenti ad una famiglia nobile della XXII Dinastia. Nel 1903 Carter portò a compimento l'immane lavoro di svuotamento di quella che, con i suoi oltre 200 m., è la tomba più lunga della Valle, la KV20 della Regina/Re Hatshepsut.

Al contrario di quanto i suoi predecessori ritenevano, Carter comprese che più importante che scavare e "scoprire" tesori, è il conservare quanto scoperto; si dedicò perciò, nella campagna 1901-1902, alle operazioni di salvaguardia e conservazione degli arredi e delle suppellettili esistenti, e delle stesse strutture tombali, dei sepolcri di Amenhotep II (KV35), Ramses I (KV16), Ramses III (KV11), Ramses VI (KV9), Ramses IX (KV6), impegnando somme considerevoli ottenute anche da quelli che oggi si individuano come "sponsor" (tra cui l'avvocato americano Theodore M. Davis, l'industriale chimico Robert Mond ed una non meglio nota Mrs. Goff): quasi 38.000 Lire egiziane per i soli materiali, circa 2.500 per il trasporto, 16.000 per la sorveglianza ed oltre 50.000 per le paghe.

Un'altra delle innovazioni che va senz'altro a merito dell'ispettore Carter fu l'illuminazione di sei delle tombe più note, nel 1903, con luce elettrica (vedi tabella della illuminazione delle tombe) con installazione del generatore nella tomba KV18 (incompiuta e prevista, forse, per Ramses X). Nel 1903-1904 Carter proseguì nello svuotamento dai detriti della KV8 di Merenptah e nella salvaguardia della KV15 di Sethy II.

Alla fine del 1904 il Governo egiziano, visti i positivi risultati conseguiti, gli assegnò l'incarico di capo ispettore delle antichità del Basso Egitto; Carter lasciò la Valle dei Re per tornarvi poi nel 1915 e riprendere la sua straordinaria avventura.

Theodore Davis

Finanziere ed avvocato statunitense (di Newport) Theodore M. Davis navigava sul Nilo, a bordo del suo "Bedawin", sin dal 1889, ma la passione per lo scavo archoelogico lo colpì (qualcuno dice fortunatamente) solo molto più tardi (1902/3).

Benché a lui si debbano molte delle scoperte più importanti della Valle dei Re, tuttavia non si può tacere che i suoi metodi di ricerca, scavo, documentazione e conservazione siano stati quanto meno superficiali. Verosimilmente la passione per l'archeologia gli venne suggerita dallo stesso Carter, che a lui si appoggiò, viste le sostanze di cui disponeva, per essere sovvenzionato nelle sue attività di scavo nella Valle. Fu così che Davis dapprima si limitò a contribuire economicamente sovvenzionando l'Ispettore Capo Carter, poi si appassionò a tal punto da ritenere di essere all'altezza, a sua volta, di diventare "archeologo" ricercatore. Se il valore di un archeologo si misurasse in numero di scoperte, sicuramente Davis meriterebbe uno dei primi posti (vedi tabella delle scoperte di Davis), ma non si può tacere che sia stata una vera fortuna che non sia stata sua la scoperta della tomba di Tutankhamon. Ciò può essere confermato dal timore espresso più volte da Maspero, Direttore della Antichità Egiziane, che la Valle dei Re divenisse, per Davis un immenso campo da gioco di cui, per il potere economico di cui disponeva, egli fosse l'unico proprietario.

Davis si fece dapprima affiancare da un giovane archoelogo, Edward Russell Ayrton, che di certo aveva metodo nella ricerca e ben conosceva il giusto metodo di scavo, ma sotto la continua pressione di Davis si dedicò a parecchi siti abbandonandoli poi senza approfondire le sue ricerche. La scoperta forse più famosa di Ayrton e Davis in questo periodo si deve ritenere una piccola coppa in fajence iscritta con il prenome (si veda anche Titolatura reale dell'antico Egitto) di Tutankhamon: Neb-Kheperu-Ra. Questo confermerà agli archeologi l'effetiva esistenza del giovane re. Interessante inoltre la scoperta di un piccolo ostrakon con la rappresentazione dell'estinto elefante siriano dalle caratteristiche piccole orecchie. Nel 1905 Ayrton, sotto lo stretto controllo di Davis, iniziò l'esame sistematico di tutte le colline della Valle dei Re, effettuando così numerose scoperte; oltre ad una gran quantità di oggetti (tra cui una scatola in fajence con il nome di Horemhab -faraone della XVIII Dinastia-) scoprì la tomba di Siptah (KV47, nonché la KV48 (titolare sconosciuto) e la KV49 (di Amenepimet visir sotto Amenhotep II), la KV50, la KV51, la KV52 contenenti animali mummificati.

Nel 1906 provvide allo svuotamento della KV19 di Montuherkhepeshef; fu quindi la volta della KV53 (la cui posizione non è oggi più nota, proprio per la superficialità del lavoro svolto) e, ancora una volta, Davis ed Ayrton sfiorarono Tutankhamon quando scoprirono il pozzo KV54, che conteneva oggetti e residui dei materiali di imbalsamazione di quel sovrano. Davis dichiarò pertanto che quella era la tomba di Tutankhamon e che era inutile perciò proseguire in quella ricerca.

Fu quindi la volta della misteriosa KV55 (Amenhotep IV/Akhenaton?; Smenkhara?; Tye?; Nefertiti?) i cui lavori di scavo possono essere assunti ad esempio negativo di come non si devono eseguire analoghe attività: non esiste documentazione dello scavo e, quando esiste, è stata compilata molto dopo i lavori, riportando contraddizioni tra differenti versioni; la tomba venne svuotata in brevissimo tempo e con grave danno per le suppellettili, che erano già gravemente danneggiate per le infiltrazioni piovane succedutesi nei millenni. Un ospite di Davis dirà che si camminava letteralmente su polvere d'oro e Davis regalava ai suoi ospiti i frammenti più grandi. Terminata la collaborazione con Ayrton dopo la scoperta della tomba KV57 di Horemhab, Davis assunse nel 1908 un altro archoelogo, Ernest Harold Jones il quale a sua volta nella campagna 1908/9 procedette allo svuotamento di alcune tombe già note e scoprì la KV58 contenente un corredo funebre e fogli d'oro evidentemente provenienti dalla tomba KV23 di Ay.

Nel 1910 Jones, ormai ammalato di tubercolosi, lasciò la Valle (morendo l'anno successivo); venne sostituito da Harry Burton, che Davis aveva conosciuto durante un suo viaggio in Italia (a Firenze). Nel 1912 Burton svuotò la KV3, mentre nel 1913/1914 (forse sollecitato da Davis mentre sta scavando in un'altra area della Valle) si dedicò allo svuotamento della KV7 di Ramses II, ma devette sospendere il lavoro a causa dei depositi alluvionali presenti nella tomba, che si erano pietrificati nel corso dei millenni.

Questa incredibile quantità di scoperte fece sì che Theodore Davis dichiarasse, nel 1912: " Sono convinto che la Valle dei Re sia ormai esaurita".

Carnarvon - Carter (1915-1922)

Template:Vedi anche Le ricerche di Davis, seguite in principio da Carter, erano specialmente localizzate nella parte "visibile" della Valle dei Re; Carter, più esperto, riteneva invece che, considerati i depositi alluvionali accumulatisi nel corso dei millenni, molto fosse ancora da scoprire scavando e raggiungendo lo strato "0", ovvero quello che doveva effettivamente essere il piano di calpestio all'epoca in cui le sepolture erano state eseguite. L'archeologo britannico era inoltre convinto che la tomba KV54 non fosse l'effettiva sepoltura del Re fanciullo Tutankhamon, ma che questa fosse ancora da scoprire. Egli aveva peraltro acquistato nel 1912 da un antiquario locale, per conto del suo finanziatore Lord Carnarvon, tre "placche" da bracciali che recavano titoli del Re fanciullo e che erano stati dichiaratamente rinvenuti nei pressi della tomba di Amenhotep III (KV22). Nel 1915 perciò, sovvenzionato da Lord Carnarvon, che nel frattempo aveva avuto la concessione di scavo nella Valle dei Re, Carter riprese le operazioni di svuotamento della KV22, rinvenendo ulteriori tracce del giovane sovrano in un deposito funerario nei pressi della tomba.

L'interesse di Carnarvon si fece maggiore e Carter iniziò nuovi lavori di scavo interrotti dalla prima guerra mondiale. Nella stagione 1917-1918 inoltre rinvenne nei pressi della tomba di Ramses VI KV9 dozzine di ostraka e una serie di elenchi del materiale che era stato sepolto con il VI dei Ramses, nonché alcuni vasi di unguenti da imbalsamazione usati per Merenptah, tanto che ebbe a dichiarare: "stiamo scavando in aree mai toccate e non sappiamo cosa possa esserci". Ma Carnarvon non era interessato a quella che riteneva "robaccia", il suo interesse primario era l'incremento della sua collezione privata (in questo differenziandosi da Davis che, nonostante tutto, eseguiva le sue ricerche con spirito comunque più scientifico che di profitto). Si giunse così alla decisione del magnate inglese di ritirare la concessione. È di certo una illazione (dacché non risultano scritti in tal senso), ma si ritiene che Carter avesse già individuato "qualcosa" anni prima quando, improvvisamente, aveva sospeso la propria attività di scavo dinanzi all'ingresso della tomba KV9, di Ramses VI, ed aveva - senza alcun motivo apparente - variato il sito di scavo. Tuttavia, appreso della decisione di Carnarvon, Carter lo raggiunse in Inghilterra (nell'ottobre 1922) e gli propose di mantenere la concessione ancora un altro anno offrendosi addirittura di pagare le spese di tasca propria.

Ottenuto il placet del finanziatore, Carter ritornò nella Valle dei Re alla fine dell'ottobre del 1922, spostando il cantiere di scavo proprio nel triangolo prospiciente la tomba di Ramses VI. Dopo soli due giorni di lavoro, scavando sotto i resti di alcune capanne che gli operai avevano costruito quale riparo durante i lavori di preparazione della sovrastante tomba di Ramses VI, scoprì il famoso primo gradino della scala che portò alla scoperta archeologica del secolo e forse di tutta la storia dell'egittologia: la tomba, pressoché intatta, di un oscuro Faraone della XVIII Dinastia, neppure riportato nelle liste reali: Tutankhamon. Era il 4 novembre 1922 (nella tabella sottostante, gli scavi eseguiti da Carter, e le sue scoperte, con le sovvenzioni di Lord Carnarvon) e la tomba venne classificata come KV62, l'ultima scoperta nella Valle dei Re (almeno sino al 2005 quando - ma le notizie in merito sono ancora scarse - una nuova scoperta ha fatto sì che la Tomba di Tutankhamon non sia più l'ultima segno evidente che, al contrario del giudizio di Davis, la Valle ha ancora molto da offrire (KV63). Nella sottostante Tabella "H", è interessante notare quante volte gli scavi sfiorano l'area, antistante la tomba KV9, in cui venne poi rinvenuta la tomba di Tutankhamon.

Il sistema di numerazione delle tombe

Le 63 sepolture principali (l'ultima importante scoperta è stata quella di Tutankhamon nel 1922 mentre l'ultima scoperta, cronologicamente, la KV63, è stata scoperta solo nel marzo 2006) sono numerate progressivamente (sigla “KV”= King's Valley, seguita da un numero), ma è bene tener presente che la numerazione non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei proprietari; nel 1827 infatti l'egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe già scoperte da 1 a 22 seguendo l'ordine geografico da nord a sud. Da tale data però, ovvero dalla KV23 in poi, il numero corrisponde all'ordine di scoperta; di qui il numero 62 assegnato alla sepoltura del faraone fanciullo. IN alcuni casi è possibile leggere la sigla "WVxx" (West Valley) per indicare che la tomba in questione si trova nella Valle Occidentale, ma è bene tener presente che la numerazione fa comunque riferimento alla sigla KV; esempio, la WV23, di Ay, è la KV23.

Elenco delle tombe

Nonostante l'affascinante storia della Valle, appare chiaro che essa poco o nulla offrirebbe, in sé, ad un ulteriore approfondimento tematico dacché la sua importanza non è intrinseca, ma deriva proprio dal suo contenuto, da quelle tombe le cui "porte" hanno dato il senso al suo nome arabo "Biban el-Moluk".

Tenendo presente quanto sopra detto per quanto riguarda la numerazione delle tombe (Wilkinson), la Valle dei Re ospita:

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