Maya
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- | Uno dei riti praticati dai sovrani del periodo di splendore della civiltà Maya, ma che ebbe un ruolo centrale nella religione maya di tutti i tempi, era ''il gioco della pelota''. In molte città dell'epoca classica si trovavano campi da gioco, ubicati all'interno dei centri cerimoniali. Il significato simbolico-religioso del gioco della pelota consiste nella rappresentazione della lotta tra elementi cosmici contrari, dalla cui opposizione si origina la vita dell'universo. A volte viene simbolizzata l'opposizione del sole e della luna , del giorno e della notte; altre volte la lotta degli dèi terrestri della morte contro gli dèi celesti della vita. Il gioco era sempre vincolato agli astri e alla guerra sacra, per il suo significato di scontro tra elementi contrari. Successivamente, quando la cultura maya si influenzò a quella tolteca e azteca (molto più bellicose), il rituale veniva accompagnato da processioni e cerimonie di decapitazione, in cui raramente erano i giocatori a essere immolati. La testa, che veniva rappresentata concretamente dalla palla, simboleggiava l'astro e, durante alcune cerimonie di fertilità, la pannocchia del mais. Durante il momento della realizzazione del gioco si propiziava magicamente il movimento degli astri o era un rito d'iniziazione. Attraverso diverse partite al gioco della pelota contro gli dèi della morte nel mondo sotterraneo, i Divini Gemelli raggiungono la loro apoteosi con la trasformazione in Sole e in Luna. Durante il periodo di splendore, vengono rappresentate diverse divinità e numerosi sovrani nell'atto di giocare alla pelota, mentre durante il periodo Post-classico il rito si secolarizzò, provocando la nascita di giocatori professionisti e di scommesse. Al momento non vi sono dati certi sulle regole del gioco, sono state fatte alcune supposizioni, sembra che i giocatori, con il solo uso delle anche,gomiti e fondoschiena, per segnare il punto/vincere dovessero far passare una specie di palla attraverso un anello di pietra posto in alto alla metà del campo da gioco. Secondo alcune ricerche, al termine delle partite vi era la decapitazione dei giocatori | + | Uno dei riti praticati dai sovrani del periodo di splendore della civiltà Maya, ma che ebbe un ruolo centrale nella religione maya di tutti i tempi, era ''il gioco della pelota''. In molte città dell'epoca classica si trovavano campi da gioco, ubicati all'interno dei centri cerimoniali. Il significato simbolico-religioso del gioco della pelota consiste nella rappresentazione della lotta tra elementi cosmici contrari, dalla cui opposizione si origina la vita dell'universo. A volte viene simbolizzata l'opposizione del sole e della luna , del giorno e della notte; altre volte la lotta degli dèi terrestri della morte contro gli dèi celesti della vita. Il gioco era sempre vincolato agli astri e alla guerra sacra, per il suo significato di scontro tra elementi contrari. Successivamente, quando la cultura maya si influenzò a quella tolteca e azteca (molto più bellicose), il rituale veniva accompagnato da processioni e cerimonie di decapitazione, in cui raramente erano i giocatori a essere immolati. La testa, che veniva rappresentata concretamente dalla palla, simboleggiava l'astro e, durante alcune cerimonie di fertilità, la pannocchia del mais. Durante il momento della realizzazione del gioco si propiziava magicamente il movimento degli astri o era un rito d'iniziazione. Attraverso diverse partite al gioco della pelota contro gli dèi della morte nel mondo sotterraneo, i Divini Gemelli raggiungono la loro apoteosi con la trasformazione in Sole e in Luna. Durante il periodo di splendore, vengono rappresentate diverse divinità e numerosi sovrani nell'atto di giocare alla pelota, mentre durante il periodo Post-classico il rito si secolarizzò, provocando la nascita di giocatori professionisti e di scommesse. Al momento non vi sono dati certi sulle regole del gioco, sono state fatte alcune supposizioni, sembra che i giocatori, con il solo uso delle anche,gomiti e fondoschiena, per segnare il punto/vincere dovessero far passare una specie di palla attraverso un anello di pietra posto in alto alla metà del campo da gioco. Secondo alcune ricerche, al termine delle partite vi era la decapitazione dei giocatori perdenti. Ma prima dell'influenza Azteco-Tolteca, i Maya prevedevano solo rituali iniziatici, senza sacrifici umani. |
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I Maya sono una popolazione precolombiana che ha abitato il Messico a partire (secondo la storia ufficiale) dal 1800 a.C. al 1530 d.C., anno in cui il principale clero Maya venne distrutto dall'invasore spagnolo, eliminando così definitivamente il cuore di un popolo e di una cultura. La civiltà maya fiorì nella zona del Centroamerica che si estende attualmente dal sul del Messico (penisola dello Yucatan) fino all’Honduras e El Salvador passando per Guatemala e Belize. Gli archeologi dividono questa vasta area in due regioni: una a sud denominata “terre alte”, costituite dal sistema montuoso presente sul territorio guatemalteco, e una regione a nord o “terre basse”, che comprendono la foresta tropicale del Guatemala e Belize del nord e le zone più aride della penisola dello Yucatan.
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La scrittura
Quella dei Maya è l'unica civiltà precolombiana che ha lasciato numerose ed estese iscrizioni. La scrittura Maya era una scrittura logosillabica, nella quale cioè ciascun simbolo, o grafema, poteva sia rappresentare una parola o comunque avere un significato a sé stante, sia indicare foneticamente una sillaba. L'inizio dell'uso di una lingua scritta da parte dei Maya si può far risalire all'inizio dell'era cristiana, ma probabilmente anche molto prima. Una grande quantità di iscrizioni Maya sono incise su stele, e contengono riferimenti alle date principali della loro storia. La comprensione di questi testi era peraltro limitata alla casta sacerdotale e a dignitari d'alto rango. Fu grazie a ciò che la storia Maya fu ereditata agli altri popoli precolombiani, soprattutto Aztechi, ed è così sopravvissuta fino a noi. I codici rimasti ai giorni nostri sono il codice di Dresda, il codice di Madrid, il codice di Parigi e il Codice Grolier.
L'ufologo Sandro Accorsi trova un collegamento tra l'europeo popolo magiaro, i Maya e gli abitanti di Mu, che nella sua valutazione si inabissò nell’Oceano Pacifico nell’11.531 a.C. circa (vedi diluvio universale). Da notare che anche lo studioso Zecharia Sitchin colloca nell'11.000 a.C. circa la data dal diluvio (vedi la cronologia di Sitchin). Per Accorsi la popolazione di Mu ammontava a 64.000.000 di abitanti e delle antiche regioni sono rimaste soltanto le odierne Hawaii, le Figi e l'Isola di Pasqua; per informazioni maggiori su Mu e Lemuria vedi la voce Atlantide e misteri eleusini.
Le Ere
Mentre per i cristiani il tempo parte dalla nascita di Gesù, per i greci dai primi giochi olimpici, per i romani dalla fondazione di Roma, per i musulmani dall'ègira di Maometto, per i Maya non esiste un punto di inizio. Come per altre civiltà antiche contemporanee a quella Maya, vi era il concetto della continuità eterna del Tempo. Essi avevano sviluppato (in una modalità a noi ignota) un incredibile valore profetico, semplicemente studiando gli astri. Le Profezie Maya sono dunque eventi cosmologici e scientifici, qualcosa di incredibile anche per l'astronomia moderna, visto che per noi è quasi impossibile prevedere un evento futuro di 3000 anni con precisione altissima. Probabilmente, ciò era dovuto alla consapevolezza della ripetizione degli eventi. Ecco perchè le profezie Maya hanno un importante valore di ricerca. Il Tempo cosiddetto "Cosmico", chiamato anche Giorno Eterno, veniva diviso in infiniti Giorni Galattici, un tempo di 25.625 anni ciascuno. Questo è precisamente il periodo nel quale la Terra e il Sistema Solare finiscono di compiere il moto ascensionale nella Via Lattea. Ogni Giorno Galattico era diviso in cinque Ere (I Maya le chiamavano "Soli"), nominate con i principali elementi naturali: Acqua, Aria, Fuoco, Terra, Oro. Da sottolineare come per i Maya l'oro non aveva lo stesso valore sviluppato in Occidente. Esso non era un vile mezzo di scambio commerciale, ma aveva un significato sacro: rappresentava il lato più intimo della nostra anima (quello che oggi chiameremmo subconscio). Indicava per questo motivo l'ultima delle cinque Ere e la fine del Giorno Galattico. Le Ere sono formate ognuna da 5125 anni ciascuna, precisamente il periodo di Precessione degli Equinozi. Dunque ogni Era veniva caratterizzata da una precisa costellazione dello Zodiaco, il passaggio di una costellazione ad un altra determinava il passaggio di Era in Era: un passaggio dettato da cataclismi e momentanei squilibri necessari del Pianeta, che determinavano la Purificazione del corpo astronomico e dei suoi abitanti. Ecco l'elenco della fine di ogni Era, dall'inizio di questo Giorno Galattico, con relativi cataclismi (la cosa sorprendente è che quella che si pensava fosse semplice mitologia, ha acquistato valore scientifico).
1. La prima Era (Acqua) è iniziata nell'anno 23.613 a.C. e con essa uno dei Giorni Galattici. E' terminata nell'anno 18.488 a.C., periodo intorno al quale la situazione cosmica della Terra ha dato inizio ad un periodo di breve ma intensa Glaciazione che coinvolse l'Emisfero Boreale.
2. La seconda Era (Aria) è iniziata nell'anno 18.488 a.C. ed è terminata nell'anno 13.363 a.C., periodo dell'Ultima Era Glaciale.
3. La terza Era (Fuoco) è iniziata nell'anno 13.363 a.C. ed è terminata nell'anno 8238 a.C., anno del Grande Diluvio (per altro ricordato nelle mitologie di tutti i popoli antichi). L'anno coincide con il periodo in cui, secondo Platone e altri antichi, sprofondò la leggendaria Atlantide. Lo sprofondamento potrebbe essere stato causato dallo stesso Diluvio.
4. La quarta Era (Terra) è iniziata nell'anno 8238 a.C. ed è finita nell'anno 3113 a.C., anno segnato dall'ascesa di numerose civiltà antiche (Maya inclusi). Questi popoli parlano tutti dell'avvicinamento di un corpo celeste, dimora degli dèi, che potrebbe coincidere con Nibiru, chiamato dalla scienza odierna Pianeta X. Questi dèi avrebbero svelato all'umanità conoscenze astronomiche evolute. Per questo, molti ipotizzano che ci sia stato un contatto con una civiltà aliena.
5. La quinta Era (Oro) è iniziata nell'anno 3113 a.C. e finirà precisamente il 21 Dicembre 2012. Sono stati ipotizzati vari eventi che caratterizzeranno il prossimo passaggio d'Era, ma pare che gli stessi Maya abbiano voluto lasciarci la verità. Con il 2012, terminerà un intero giorno galattico, e inizierà un altro. Secondo Zecharia Sitchin l'inzio del conto lungo del calendario Maya (il 3113 a.C.) fu l'anno dell'arrivo di Thot/Ningishzidda/Quetzalcoatl a Tiahuanacu con al seguito i neri che sarebbero divenuti famosi come Olmechi.
I Calendari
Le Ere venivano calcolate dai Lunghi Computi, dei calendari di 5125 anni appunto. Un giorno di 24 ore era chiamato, nelle varie lingue Maya, K'in. 20 giorni formavano un uinal, ovvero un mese. I mesi erano dunque, nella concezione del Tempo per i maya, tutti vigesimali (ovvero basati esclusivamente su 20 giorni). In questo modo, 18 Uinal formavano il Tun, di 360 giorni, al quale si aggiungeva un mese corto di soli 5 giorni, e si formava così l' Haab, un anno solare preciso di 365 giorni. I nomi dei 18 Uinal erano: Pop, Uo, Zip, Zotz, Tzec, Xul, Yaxkin, Mol, Chen, Yax, Zac, Ceh, Mac, Kankin, Muan, Pax, Kayab, Cumku. I 18 uinal avevano ciascuno il proprio nome, così come i 20 k'in, e ognuno era indicato con un proprio glifo. A loro volta, 20 Haab formavano il Kat'un, il quale non aveva alcun significato profetico/religioso, ma significava un semplice metodo di calcolo convenzionale per la storia del proprio popolo. Stessa cosa era per il Bak't'un, insieme di 20 Kat'un, e dunque di 400 anni. Oltre all'Haab, detto anche calendario solare o civile, c'era lo Tzolkin, di soli 260 giorni. Era un calendario sacro, il cui studio era riservato esclusivamente ai membri del clero, e per questo era detto calendario rituale. Lo Tzolkin era alla base dello studio degli astri e della lettura in questi di profezie relative ad avvenimenti futuri e alla chiusura delle Ere. L'astronomia Maya si basava sul calendario rituale tzolkin di 260 giorni suddivisi in 13 mesi di 20 giorni esso si basa sul ciclo delle Pleiadi di 26.000 anni. In ufologia non si esclude quindi un collegamento con gli alieni pleiadiani. La relazione tra i Maya e le Pleiadi si trova nei Libri Sacri dei Maya, nella coscienza dei nonni e nonne che glieli trasmisero, gli anziani raccontavano che l'Universo incominciò nelle Pleiadi. Nelle Pleiadi vicino alla costellazione di Orione nel Toro c'e' Alcyone, esso rappresenta la dea terra ed e' una figura preponderante nell'astronomia Maya, essi credevano che fosse la casa degli antenati. Il Sole si allinea con Alcyone ogni 52 anni che e' il ciclo del secolo Maya.
La matematica
I Maya utilizzavano un sistema di numerazione a base vigesimale (tipo di numerazione avente per base il numero 20). Un punto "." rappresentava l'unità, mentre una barretta "_" veniva utilizzata per rappresentare il 5; al numero venti entrava in campo lo zero. Il numero zero era concepito come posizione vuota : 0. Per la civiltà maya la matematica era un'arte sacra, considerata la lingua per comunicare con gli dèi. Gli ufologi moderni sostengono che la matematica è la "lingua universale", ovvero un insieme di leggi fisiche valide ovunque. Questa concezione, simile a quella Maya, ha portato molti a ipotizzare che gli dèi Maya altro non fossero una civiltà aliena, entrata in contatto con i precolombiani e costretta a comunicare inizialmente tramite la matematica.
Letteratura
Per le opere Maya rimaste vedi letteratura Maya.
Il gioco sacro
Uno dei riti praticati dai sovrani del periodo di splendore della civiltà Maya, ma che ebbe un ruolo centrale nella religione maya di tutti i tempi, era il gioco della pelota. In molte città dell'epoca classica si trovavano campi da gioco, ubicati all'interno dei centri cerimoniali. Il significato simbolico-religioso del gioco della pelota consiste nella rappresentazione della lotta tra elementi cosmici contrari, dalla cui opposizione si origina la vita dell'universo. A volte viene simbolizzata l'opposizione del sole e della luna , del giorno e della notte; altre volte la lotta degli dèi terrestri della morte contro gli dèi celesti della vita. Il gioco era sempre vincolato agli astri e alla guerra sacra, per il suo significato di scontro tra elementi contrari. Successivamente, quando la cultura maya si influenzò a quella tolteca e azteca (molto più bellicose), il rituale veniva accompagnato da processioni e cerimonie di decapitazione, in cui raramente erano i giocatori a essere immolati. La testa, che veniva rappresentata concretamente dalla palla, simboleggiava l'astro e, durante alcune cerimonie di fertilità, la pannocchia del mais. Durante il momento della realizzazione del gioco si propiziava magicamente il movimento degli astri o era un rito d'iniziazione. Attraverso diverse partite al gioco della pelota contro gli dèi della morte nel mondo sotterraneo, i Divini Gemelli raggiungono la loro apoteosi con la trasformazione in Sole e in Luna. Durante il periodo di splendore, vengono rappresentate diverse divinità e numerosi sovrani nell'atto di giocare alla pelota, mentre durante il periodo Post-classico il rito si secolarizzò, provocando la nascita di giocatori professionisti e di scommesse. Al momento non vi sono dati certi sulle regole del gioco, sono state fatte alcune supposizioni, sembra che i giocatori, con il solo uso delle anche,gomiti e fondoschiena, per segnare il punto/vincere dovessero far passare una specie di palla attraverso un anello di pietra posto in alto alla metà del campo da gioco. Secondo alcune ricerche, al termine delle partite vi era la decapitazione dei giocatori perdenti. Ma prima dell'influenza Azteco-Tolteca, i Maya prevedevano solo rituali iniziatici, senza sacrifici umani.
Urbanistica
Nell'urbanistica generale Maya troviamo nel centro delle città i monumenti civici e religiosi, i templi, le residenze di corte e i luoghi d'incontro; alla periferia si sparpagliavano i villaggi e le case dei contadini. Presso i Maya, vi era il concetto delle città stato, le quali l'unica cosa comune era la cultura e la religione, che determinava però il divieto sacro di dichiararsi guerra. Tikal fu una delle più grandi ma sicuramente non la più antica, se si pensa a centri come El Mirador e ai centri preclassici presenti nell'attuale Belize o anche a Kaminaljuyu, in Guatemala. Il suo centro civico e religioso aveva una superficie di circa 2 Km², i centri minori erano distribuiti per un raggio di 2 o 3 miglia. La dominavano 5 templi a piramide; il più alto misurava 75 metri. Poi c'era Copán, creduta per molto tempo l'Alessandria del mondo maya a causa di una erronea lettura di un altare presente nel sito, che fu creduto rappresentasse una riunione di scienziati e astronomi, mentre poi venne riconosciuto come l'elenco dei sovrani della città. Chichén Itzá, città sacra dello Yucatán alla quale i pellegrini si avvicinavano con reverenza, aveva un grande pozzo naturale, dalle funzioni astronomiche, che in seguito con gli Aztechi divenne sede dei sacrifici umani. All'ombra delle città si trovavano i campi di mais: tutto ciò che facevano, tutto ciò in cui credevano i Maya, era messo in relazione con il mais, simbolo del rispetto e dell'attenzione che bisognava prestare verso il proprio corpo. I templi e i rituali eseguiti al suo interno avevano il compito di assicurare abbondanti raccolti; l'elaborata teologia era uno strumento di propiziazione del potere, ma anche dei frutti della semina; il calendario Tzolkin era suddiviso in funzione dei lavori da compiere nei campi. Nelle città maya nei giorni di festa vi affluiva tutto il contado che assisteva ai riti, sfilava in processione, impiantava le bancarelle, giocava alla palla, pagava le tasse e poi se ne tornava alle proprie comode capanne in quello che oggi chiameremmo hinterland, il retroterra. Tornando al discorso riguardante l'architettura maya, essa sembra sia stata del tutto autoctona; ma parecchi studiosi si chiedono come sia stato possibile allineare con una precisione incredibile i templi alle costellazioni o ai pianeti. Anche i blocchi di pietra erano finemente tagliati e selezionati, in modo quasi impossibile per una civiltà che non conosceva nemmeno la ruota. Tratti caratteristici dell'architettura maya furono il tetto sporgente, la volta e l'arco (volta a mensola, arco finto). Frequenti nell'architettura maya sono i grandi mascheroni in stucco che rappresentano generalmente le divinità, che derivano probabilmente dalle maschere di uomo-giaguaro degli Olmechi. La maestosità dell'architettura serviva per impressionare la folla dei fedeli, che doveva portare rispetto massimo alla divinità.
Le città maya
Ai Maya si devono numerosi centri urbani tra i più spettacolari dell’antichità: Tikal, Palenque, Yaxchilán, Copán, Piedras Negras, Uxmal, Chitzen Itzá per citare solo i più grandiosi.
La memoria della cultura maya è scolpita chiaramente e ampiamente sui templi, sui palazzi, sulle piramidi, e soprattutto è descritta nei geroglifici delle steli, sulle quali con accuratezza sono segnate le date, sono raffigurati gli eventi ed è ritratta la vita della gente.
Sotto gli influssi della potente cultura irradiata da questi centri, gli antichi Maya realizzarono uno dei complessi di cultura materiale e di cultura teorica più raffinato dell’umanità. Teorici puri, anche, paradossalmente, quando realizzavano cose concrete, furono al contempo straordinari artisti e scienziati acutissimi, raffinatissimi esecutori e teorizzatori senza pari, raggiungendo in tutti i campi quelle che appaiono essere - almeno secondo certi canoni - le vette più alte del loro tempo. Il tipo di governo Maya era semplice. Il popolo sembra che desiderasse di essere governato il meno possibile. In nessuna epoca vi furono né un impero né un imperatore maya. Si ebbero semplicemente tante città-stato affini a quelle dell’antica Grecia o dell’Italia medievale, che condividevano la religione, la cultura e la lingua, ma erano ciascuna sovrana dei propri diritti e dotata di leggi proprie.
Ogni città-stato era governata da un capo ereditario, che esercitava funzioni amministrative, esecutive e probabilmente anche religiose. Sotto di lui, la nobiltà presiedeva alle piccole municipalità che si affollavano intorno al centro cittadino: quei nobili facevano da giudici, da esattori delle tasse e da custodi dell’ordine. Nel commercio le città erano rivali, ma l’assenza quasi totale di scene di battaglia sulle steli lascia arguire che la loro rivalità non conduceva alla guerra.
Alcune città furono molto grandi per l'epoca. Tikal, ad esempio, nel periodo classico arrivò a 60.000 abitanti. Secondo alcune stime, in quel periodo la popolazione dello Yucatán era tripla di quella odierna. La prosperità della campagna si riversava nelle città. I coltivatori e i mietitori di mais, alimento principale dei Maya, diedero un impulso decisivo alla formazione della cultura, finanziando il lavoro dei sacerdoti scienziati, che indagavano i misteri della terra e delle stelle, sviluppavano un sistema cosmologico, approfondivano lo studio dell’astronomia, della scrittura e della matematica.
Sul finire del periodo classico, la giungla s'impadronì delle città maya. La loro scomparsa è attestata dalle ultime date delle steli. Copán fu abbandonata intorno all’800; l’ultima stele di Tikal porta la data 869.
Non è ben chiaro perché le città furono abbandonate, cosa che ha fatto scomparire la civiltà Maya. Sono state formulate alcune ipotesi:
- La popolazione, stanca dei lavori forzati, si sarebbe ribellata contro i sacerdoti e i nobili, deportandoli o massacrandoli.
- Le città, lasciate in mano a governanti incapaci, sarebbero andate in rovina una dopo l'altra.
- L'invasione o l'influenza di nuove genti provenienti dal Messico centrale, i Toltechi, avrebbe portato a un grave declino, prima di una rifioritura nel periodo post-classico.
In realtà, i Toltechi e in seguito gli Aztechi appresero molto dalla cultura Maya, sebbene in molti occasioni abbiano aggiunto innovazioni, o storpiato concetti originali. Studiosi non ortodossi notano che tutte le civiltà misteriose delle Americhe, tra cui i Maya, e che sarebbero collegati con presunti contatti di una civiltà extraterrestre, sono tutti scomparsi improvvisamente in modo misterioso.
Maya, civiltà contattata?
Teotihuacan è una grandissima città sacra dello Yucatan. Ancora oggi, gli archeologi non sanno chi possa averla fondata. Quando gli Aztechi la trovarono, la battezzarono con il nome con il quale il sito è noto ancora oggi, e che vuol dire "città degli dèi". Questo nome fu dato perchè quando trovarono la città, essa era già in rovina. Gli Aztechi così ipotizzarono che poteva appartenere all'unica razza che, secondo il loro culto, era vissuta sulla terra prima dell'uomo: gli dèi stessi. I Maya riferivano che Teotihuacan era il luogo dove gli dèi scendevano su "uccelli dalla cupola splendente". Ciò ha portato molti a ritenere questo come una valida prova dell'ipotetico contatto alieno. L'elemeno degli uccelli dalla cupola splendente è riconducibile al fenomeno oggi noto come UFO. Anche Chitzen Itzà, il complesso piramidale che i Maya costruirono per "ordine degli dèi", contiene una piramide dedicata a Kukulkan, il dio che secondo gli ufologi è in realtà la rappresentazione stessa di questa fantomatica civiltà extraterrestre, e che sembra essere posizionata al termine di una lunga pista d'atterraggio per astronavi. La razza aliena in questione è quella Nordica degli Anunnaki, la stessa citata nei testi sumeri. Altra prova molto importante è quella degli OOPArt ritrovati, attruibili ai Maya, che sembrano raffigurare qualcosa non collegabile alla civiltà Maya per come la si conosce.
La società maya
Oltre alla nobiltà governante, c’erano soldati e sacerdoti, pari per importanza ai nobili signori. L’alto rispetto per i sacerdoti era dovuto alla loro importanza come custodi del sapere. I ministri del culto erano astronomi e matematici, potevano contare gli anni, i mesi e i giorni, conoscevano il tempo della semina e quello della mietitura; inoltre sapevano come controllare e fermare gli dei del male e come riuscire graditi alle divinità benefiche (pioggia, fertilità, ogni bene). L’uomo comune era di solito un coltivatore di mais: doveva raccoglierne a sufficienza per nutrire sè e la sua famiglia, per pagare il tributo ai governanti, ai nobili e ai sacerdoti. Forse questo impegno occupava metà del suo tempo e lo lasciava libero nell’altra metà di dedicare allo stato il resto delle energie. Il suo tempo libero permise la costruzione delle grandi piramidi, dei templi, dei palazzi e delle corti signorili. Al contrario degli altri popoli precolombiani, i Maya non utilizzarono metodi cruenti o forme di schiavismo per costruire questi edifici, bensì metodi di collaborazione comune, spesso anche tra più città-stato. C'erano infine i servi e gli schiavi, che comprendevano prigionieri di guerra, condannati per delitti comuni e gente acquistata da altre zone o rapita con la forza. I Maya furono un popolo pulito: il bagno giornaliero che oggi è di regola pare fosse parte integrante della tradizione ereditata. In caso di malattia, i Maya potevano chiedere aiuto al sacerdote, che era anche un uomo di medicina, uno stregone, che ricorreva variamente alle erbe medicinali e alle pratiche magiche. Il rituale della religione Maya prese forma quando i sacerdoti erano responsabili della compilazione del calendario, della cronologia e della scrittura, tradizione nata oralmente prima del 1000 a.C., ma trascritta solo a partire dal 400 a.C. Gradualmente l’elenco delle divinità si allungò, il cerimoniale divenne più complicato e le esigenze dei credenti si moltiplicarono. La loro religione era personale e interessava l’intero ciclo della vita. Un complicato sistema astronomico sistemava il destino del neonato nella società a seconda del giorno e dell’ora della sua venuta al mondo. Un rituale dettagliato seguiva il bimbo fin dalla nascita, quando la testa veniva compressa per lo schiacciamento della fronte. A questo rituale, si aggiungeva la pratica di allungare i crani: una pratica valida solo per i futuri sacerdoti, poichè in questo modo dovevano assomigliare agli antichi seguaci del Quetzalcoatl. Seguivano poi i riti particolari per la cerimonia dell’iniziazione, l’addestramento delle donne, la preparazione al matrimonio e ad ogni altra fase della vita, fino al complicato culto che accompagnava il morente. Dal periodo post-classico, a seguito delle invasioni esterne, venne introdotto il nuovo culto di Kukulcán, in seguito chiamato dagli Aztechi Quetzalcoatl: esso glorificò e incrementò l’attività guerriera e il sacrificio umano, portando con sè anche l’idolatria e un rituale più complicato. La caccia fu una delle attività più diffuse. Le prede potevano essere destinate al consumo, all’interscambio o alla realizzazione di utensili e prodotti utilizzabili a fini pratici, commerciali, terapeutici, magici o rituali. Pelli e piume servivano come valori di scambio, a fini pratici come vera e propria valuta. Alle battute partecipavano dai 50 ai 100 cacciatori, che dovevano osservare la preda, attirarla con richiami speciali, tendere le reti o le trappole e spingerla verso di esse o verso cacciatori appostati tra la vegetazione. Prima di iniziare bisognava chiedere con appositi rituali il permesso e il favore alle divinità protettrici dei monti e degli animali; dopo la conclusione, bisognava rendere loro grazie con altri rituali. Le piume degli uccelli venivano ereditate da padre in figlio, come anche gli alberi dove nidificavano e i luoghi dove si abbeveravano. Gli uccelli non venivano mai uccisi, poichè con il tempo iniziarono a divenire il simbolo del Quetzalcoatl. Le piume appaiono un po’ dappertutto e anche come motivo ornamentale nella ceramica nell’arte lapidaria, negli stucchi, nei codici e nelle strutture architettoniche. Le piume servivano anche come parte della dote che i vassalli consegnavano al momento del matrimonio della figlia del loro signore. Addirittura le multe venivano pagate con piume o uccelli vivi. Per quanto riguarda la pesca, i Maya non ebbero problemi per reperire pesci, vista l'abbondanza di fiumi e laghi nel loro territorio e la vicinanza del mare. Utilizzavano i molluschi per tingere i tessuti, le uova di tartaruga e di pesce per decorazioni, i denti di squalo per confezionare frecce. Le resine degli alberi venivano usate come pigmenti, incensi mordenti o collanti. Nelle zucche si trasportavano acqua, miele, liquori, tortillas e semi. Per ciò che concerne le terre, i minerali e i metalli, le fonti storiche menzionano il loro utilizzo, come collanti, argille e sgrassanti per uso ceramico o edilizio, come strumenti di lavoro per l’attività lapidaria e per l’agricoltura, lame dai molteplici usi per radersi, cacciare, combattere, pescare. L’oro veniva usato per i gioielli dei signori, e aveva un valore sacro. Non veniva utilizzato come valuta, e al contrario della mentalità occidentale l'oro non aveva per i Maya, e in genere per i precolombiani, alcun valore materiale. V’è inoltre un ricchissimo repertorio terapeutico che attingeva sia dal mondo animale che vegetale e minerale: dagli analgesici agli abortivi agli afrodisiaci. I Maya conoscevano e usavano il cotone. La fibra tessile era ricavata dai semi, cardata, pettinata, filata con fusi e dipanata per ottenere gomitoli. I tessuti fatti col cotone comprendevano broccati o tessuti successivamente ricamati ad ago, stampati, imbastiti, sfrangiati e venivano impiegate piume per la decorazione. V’erano inoltre falegnami, scultori, scribi, barbieri, ceramisti, portatori, prostitute, messaggeri, levatrici, predicatori, guaritori, indovini, e via dicendo.
Religione
Hunab Ku (hunab, uno, e ku, dio) era il Supremo Dio Creatore del pantheon maya, creatore del cielo e della terra e padre degli dei. Fra le divinità maggiori Itzamná (la casa gocciolante, il cielo) è il dio del Sole e del cielo e il nume del patrimonio culturale, della scienza medica, dell’agricoltura, della scrittura e del calendario. Figlio di Hunabku e consorte di Ixchel, Itzamná è padre di Bacab (figli). Il suo secondo nome, in riferimento al disco solare, era Kinich Ahau (il signore con il sole in fronte); nello Yucatán veniva designato col nome di Yaxcocahmut (lucciola verde). Ixchel (donna che giace) è la dea della Terra e della Luna, nonché della fertilità e del parto, ed è la compagna di Itzamná. Protettore dei sacerdoti è la divinità celeste Kukulcan o Kukumatz (serpente piumato verde), al quale erano consacrati un tempio e una fonte a Chichén Itzá. Nelle testimonianze scritte superstiti, il dio che ricorre più spesso è Chaac (dio del tuono, dio della pioggia); veniva raffigurato nell’atto di afferrare il fuoco, che simboleggia il fulmine.
Hurakan (con una sola gamba) è una divinità del tuono e della tempesta oltre che della fertilità. Da Hurakan discendono Orkan e Hurrikan. La divinità del grano era Yumkaax (signore dei boschi) mentre Ah Bolom Tzacab era il dio dell’agricoltura. Vi erano anche gli dei della terra e del terremoto Zipakna e Kabrakan (rispettivamente bipede e terremoto).
Sul regno dei morti (metnal) dominava Hunakau (il capo), raffigurato da uno scheletro. Dea del suicidio è Ixtab (la signora della fune), che faceva entrare direttamente in paradiso coloro che si impiccavano.