Deserto del Gobi

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Il Gobi (in mongolo Говь, in cinese 戈壁; in pinyin gē bì) è un deserto che si trova a nord della Grande Muraglia cinese, a cavallo tra la Mongolia interna e la Mongolia esterna, tra i monti Khingan a oriente e il Pamir a occidente. Generalmente però la parte più occidentale, che corrisponde al bacino del Tarim, viene considerata a parte e costituisce il Turkestan orientale.

Indice

Ambiente fisico e divisione politica

È un deserto stepposo, politicamente suddiviso tra la Cina e la Repubblica della Mongolia. Si tratta di una vastissima area pianeggiante con un'altitudine media variante da 800 a 1000 s.l.m., attraversata da brevi catene spianate dall'erosione superficiale.


Vegetazione

I Monsoni estivi superano in parte le catene sud-orientali, portando all'interno scarse precipitazioni. Di conseguenza in alcune zone e in alcune stagioni anche nel deserto cresce una scarsa vegetazione di artemisie e arbusti spinosi, formanti piccoli ciuffi in mezzo alle sabbie.

Trasporto

La traversata di questi vasti spazi è quasi sempre praticabile, oltre dal cammello che pare originario di quelle zone (qui vivono ancora alcuni esemplari allo stato selvatico), anche dai cavalli, perché nelle bassure si trova facilmente l'erba, e perché le falde sotterranee si trovano a poca profondità. Paolo Pirozzi, nel 2007, lo ha attraversato in sella ad una Ducati Multistrada 620 di serie.

Zone e Idrografia

Nell'interno del deserto è possibile trovare vari laghi salati. Il deserto di sabbia è delimitato da aree molto ristrette di cui la maggiore è quella di Alashan, subito a nord dei Nan Shan.

Fauna

La fauna del Deserto del Gobi è assai povera; è indigeno del Gobi occidentale il cavallo selvatico (Equus Przewalskii), piccolo e robusto, il Koulan, una specie di grande asino selvatico e i cammelli battriani

Clima e Popolazione

Il clima è nettamente continentale con escursione giornaliere che raggiungono perfino i 40 °C durante i mesi caldi e con escursioni annue anche più accentuate. La popolazione, molto scarsa, è formata in grandissima maggioranza da mongoli in gran parte nomadi.

Paleontologia

Il deserto del Gobi è una manna per i paleontologi, dato che l'erosione continua e progressiva del suolo porta alla luce scheletri di dinosauri e di altri mammiferi in condizioni di conservazione ottimali, nonostante siano vecchi almeno 80 milioni di anni, e per di più spesso in uno stato di completezza sia cranica sia scheletrica.[1]
La sorprendente quantità di carcasse quasi intatte è spiegata dagli specialisti con l'ipotesi di violente tempeste che hanno sepolto nel giro di poche ore l'animale, per farlo riapparire dopo tanti milioni di anni; è da notare che il Gobi alla fine del Cretaceo era, secondo gli esperti, analogo a quello contemporaneo.
Il pioniere di queste scoperte fu Roy Chapman Andrews, che nel lontano 1922, si mise in marcia alla ricerca di fossili umani e quasi per caso, dopo essersi perduto ai piedi dei monti Gurvan Saikhan, notò un paesaggio da favola di rupi rossastri e fossili che affioravano dal sottosuolo; oltre alla numerose batterie di scheletri di animali, furono proprio le prime uova di dinosauro che ebbero un grande risalto mediatico.[1]
Negli anni della guerra fredda il Gobi fu messo a disposizione solo a gruppi di specialisti sovietici e mongoli e solo negli anni novanta gli occidentali poterono ritornare in Mongolia per continuare le ricerche.
Ottanta milioni di anni fa il Gobi era teatro di una varietà di mammiferi, coccodrilli e oltre trenta specie di sauri; il territorio era globalmente asciutto, però dovevano essere presenti, almeno in alcune epoche, anche abbondanti luoghi acquatici, visti i numerosi fossili di tartarughe. Per quanto riguarda i dinosauri i fossili rinvenuti appartengono ai Tarbosaurus, un predatore simile al Tyrannosaurus, a dinosauri a becco d'anatra, a Velociraptor. Uno dei ritrovamenti più clamorosi fu proprio quello dei due scheletri completi di Un Velociraptor avvinghiato in un combattimento mortale ad un Protoceratops.

Note

  1. 1,0 1,1 "I fossili della Mongolia", di Micheal J.Novacek, Mark Norell, Malcolm C.McKenna e James Clark, pubbl. su "Le Scienze (Scientific American)", num.318, febbr.1995, pag.40-49

Bibliografia

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