Androide

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Versione delle 11:47, 15 lug 2011

Bambino artificiale in AI - Intelligenza Artificiale di Steven Spielberg

L'androide è un essere artificiale, un robot, con sembianze umane (il termine deriva dal greco anèr, andròs, "uomo", e quindi può essere tradotto "a forma d'uomo") presente soprattutto nell'immaginario fantascientifico. In taluni casi l'androide può risultare indistinguibile dall'essere umano. Differisce dal cyborg, il quale è costituito da parti biologiche oltre che artificiali.

Il termine deriva da ανδρός, il genitivo del greco ανήρ anēr, che significa "uomo", e il suffisso -eides, usato per significare "della specie; simile" (da eidos, "specie"). Il termine è menzionato per la prima volta da Alberto Magno nel 1270[1] e fu reso popolare dallo scrittore francese Villiers[2] nel suo romanzo del 1886 Eva futura; il termine "android" appariva comunque nei brevetti statunitensi già nel 1863 in riferimento ad automi giocattolo in miniatura con fattezze umane.[3]

Il corrispettivo femminile del termine androide è l'assai poco frequente ginoide.

Indice

Precursori nei miti e nelle leggende

L'idea di persone artificiali può in certo modo essere rintracciato fin dalle storie della mitologia greca. Cadmo seppellì dei denti di drago che si trasformarono in soldati; secondo il mito re Pigmalione si innamorò di una statua che rappresentava una donna ideale, Galatea; chiese allora ad Afrodite di donare la vita alla statua, e sposò la donna.

Nella mitologia classica, inoltre, il deforme dio del metallo (Vulcano o Hephaestus) creò dei servi meccanici, che andavano dalle intelligenti damigelle dorate a più utilitaristici tavoli a tre gambe che potevano spostarsi di loro volontà.

La leggenda ebraica ci parla del Golem, una statua di argilla, animata dalla magia cabalistica. Nell'estremo Nord canadese e nella Groenlandia occidentale, le leggende Inuit raccontano di Tupilaq (o Tupilak), che può essere creato da uno stregone per dare la caccia e uccidere un nemico. Usare un Tupilaq per questo scopo può essere un'arma a doppio taglio, in quanto una vittima abbastanza ferrata in stregoneria può fermare un Tupilaq e "riprogrammarlo" per cercare e distruggere il suo creatore.

Il termine androide è menzionato per la prima volta nel 1270 dal filosofo, teologo e scienziato Alberto Magno[1], che lo utilizzò per definire esseri viventi creati dall'uomo per via alchemica. Una leggenda vuole Alberto Magno costruttore di un vero e proprio androide in metallo, legno, cera, vetro, cuoio, con il dono della parola, che avrebbe dovuto svolgere la funzione di servitore presso il monastero domenicano di Colonia.

Nel XVI secolo i trattati di alchimia fornivano indicazioni per costruire un essere artificiale: l'homunculus.

Storia

La prima vera tecnologia degli automi meccanici si può far risalire al medioevo, quando si cominciano a costruire le prime figure mobili che arricchivano i campanili e gli orologi delle chiese.

Il primo progetto documentato di un androide è firmato da Leonardo da Vinci e risale al 1495 circa: appunti riscoperti negli anni cinquanta nel codice Atlantico e in piccoli taccuini tascabili databili intorno al 1495-1497 mostrano disegni dettagliati per un cavaliere meccanico in armatura, che era apparentemente in grado di alzarsi in piedi, agitare le braccia e muovere testa e mascella. L'automa cavaliere di Leonardo era probabilmente previsto per animare una delle feste alla corte sforzesca di Milano, tuttavia non è dato sapere se fu realizzato o meno.

Automi di Droz

La fine del XVIII secolo e il XIX secolo vede fiorire la moda degli automi meccanici, concepiti soprattutto come sofisticati giocattoli, ma talvolta assai perfezionati.

Il primo androide funzionante conosciuto venne creato nel 1738 da Jacques de Vaucanson, che fabbricò un automa che suonava il flauto, così come un'anatra meccanica che, secondo le testimonianze, mangiava e defecava.

Alla fine del Settecento ad un inventore ungherese, il barone Wolfgang Von Kempelen, fu attribuita l'ideazione di un automa in grado di giocare a scacchi, Il Turco, poi rivelatosi (nel 1857) un elaborato imbroglio. Tra il 1770 ed il 1773 due inventori, Pierre e Henri-Louis Jaquet-Droz, costruirono tre sorprendenti automi: uno scrivano, un disegnatore ed un musicista (ancora funzionanti, si trovano nel Musèe d'Art et d'Histoire di Neuchâtel in Svizzera).

Actroid-DER, un androide per eventi e dimostrazioni sviluppato da un'azienda giapponese (foto 2005)

La moderna tecnologia della robotica vede attualmente la costruzione soprattutto di macchine estremamente specializzate per uso industriale, totalmente prive di aspetto umano, che risulterebbe d'intralcio e, secondo alcuni, potrebbe comportare dei problemi a livello psicologico e sindacale. La costruzione degli androidi rimane dunque soprattutto una curiosità per tutto il XX secolo, anche se il successo commerciale dei cani robot, specie in Giappone, ha permesso ad alcuni di supporne un ipotetico sviluppo futuro. Il problema del movimento naturale degli arti inferiori con la stazione eretta, in precedenza ritenuto un grosso ostacolo, è stato in gran parte risolto nel corso degli anni ottanta e novanta.

Gli androidi nella letteratura

Una volta che la tecnologia avanzò al punto che la gente intravedeva delle creature meccaniche come qualcosa più che dei giocattoli, la risposta letteraria al concetto di essere artificiale rifletté le paure che gli esseri umani avrebbero potuto essere rimpiazzati dalle loro stesse creazioni intelligenti.

Nella letteratura il primo classico riferito alla creazione di un essere umano artificiale è in genere considerato il romanzo Frankenstein (1818) di Mary Wollstonecraft Shelley, che spesso è anche citato come la prima opera di fantascienza. La creatura del dottor Frankenstein era assemblata con parti di cadaveri, utilizzando per infonderle la vita una strumentazione scientifica (non si tratta dunque di un automa meccanico, ma piuttosto di quello che molti anni dopo sarebbe stato definito un cyborg).

Il racconto di E.T.A. Hoffmann L'uomo della sabbia (1815) narra l'amore tra un uomo e una bambola meccanica; nel romanzo breve La storia filosofica dei secoli futuri (1860) Ippolito Nievo indicò l'invenzione dei robot (da lui chiamati 'omuncoli', 'uomini di seconda mano' o 'esseri ausiliari') come l'invenzione più notevole della storia dell'umanità, e in Steam Man of the Prairies (1865) Edward S. Ellis espresse la fascinazione americana per l'industrializzazione. Giunse un'ondata di storie su automi umanoidi, che culminò nell' Uomo elettrico di Luis Senarens, nel 1885.

Il primo ad utilizzare il termine androide in un romanzo fu però il francese Mathias Villiers de l'Isle-Adam (1838-1889) nella sua opera più celebre, Eva futura (L’Ève future, 1886),[4][2] nel quale il protagonista è addirittura Thomas Edison, il quale inventa una donna artificiale quasi perfetta.

Impossibile non citare il racconto dell'italiano Carlo Collodi del 1883, Le avventure di Pinocchio, in cui un bambino di legno prende vita. La storia, pur utilizzando elementi fiabeschi piuttosto che fantascientifici, contiene i temi fondamentali dei successivi racconti sugli androidi.

Un precursore del moderno androide è da molti considerato il Golem, la temibile creatura protagonista di una vecchia leggenda del ghetto ebraico di Praga. In questo caso si tratta di una statua d'argilla che prende vita grazie alla magia cabalistica e non alla tecnologia scientifica. Una versione più moderna del Golem lo vede però costruito come una specie di androide, nella novella di U.D. Horn (Der Rabby von Prag, 1842) e nel libretto di F. Hebbel per il dramma musicale di Arthur Rubinstein Ein Steinwurf (1858): il Golem viene qui rappresentato come un uomo-macchina di legno con un meccanismo ad orologeria dentro la testa. La leggenda del Golem viene infine ripresa e resa famosa dal romanzo Il Golem (Der Golem) del 1915 dello scrittore e occultista praghese Gustav Meyrink.

Nel dramma R.U.R. (Rossum's Universal Robots) (1920) del ceco Karel Čapek appaiono uomini artificiali organici, utilizzati come forza lavoro a basso costo. L'opera è famosa per avere introdotto il termine robot. La procedura di costruzione degli androidi di Rossum comprende macchine per impastare e tini per il trattamento di protoplasma chimico. Quando il dramma di Čapek introdusse il concetto di una catena di montaggio operata da robot che costruivano altri robot, il tema prese delle sfumature politiche e filosofiche, ulteriormente disseminate da film classici come Metropolis (1927), il popolare Guerre Stellari (1977), Blade Runner (1982) e Terminator (1984).

Tra il 1940 e il 1941 Isaac Asimov, con la collaborazione dell'editore John W. Campbell, elabora le tre leggi della robotica, divenute un punto fermo della narrativa sui robot. Nel 1976 Asimov scrive L'uomo bicentenario, la storia di un robot che vuole diventare umano a tal punto da fare ciò che differenzia gli esseri umani dai robot: morire. Pur avendo inserito numerosissimi robot antropomorfi nella sua sterminata produzione di racconti e romanzi, Asimov tuttavia non usa in genere il termine androide, reso popolare solo negli anni cinquanta quando apparve in alcuni racconti di Jack Williamson.

Un tema frequente nelle opere di Philip K. Dick è il confronto tra esseri umani e non umani, e in particolare con gli androidi
Copertina della rivista Wonder Stories (dicembre 1930) che illustra il racconto The Synthetic Men di Ed Earl Repp.

Uno degli autori di fantascienza che fanno maggior uso degli androidi è stato Philip K. Dick il quale, scarsamente interessato agli aspetti strettamente tecnico-scientifici, li utilizzava soprattutto come sostituti robotici degli uomini e dunque inquietanti simboli, rispecchiamento/rovescio dell'essere umano, definendoli spesso simulacri. Dal romanzo di Dick Cacciatore di androidi è tratto il film Blade Runner, che presenta un vivido ritratto di replicanti che aspirano a quella vita umana loro ineluttabilmente negata.

Marvin l'androide paranoico è uno dei personaggi principali della Guida galattica per gli autostoppisti, serie di fantascienza umoristica di Douglas Adams.

Cinema e televisione

Il primo film con un immaginario automa nel ruolo principale fu The Master Mystery del 1920,[5] interpretato da Harry Houdini. Il secondo fu L'uomo meccanico (1921), del comico francese André Deed, in cui per la prima volta viene messo in scena uno scontro tra un robot buono e uno cattivo.

Esempi famosi di androidi nella cinematografia e nelle serie televisive:


Aspetto ufologico

Vi sono razze androidi provenienti dalla costellazione di Andromeda: gli andromediani. Assieme ai Siriani vorrebbero impossessarsi della Terra (facendola entrare nella Federazione galattica settore Siriano). A quanto pare ci sono riusciti il 5 marzo 1993.

Fumetti e animazione

Nei fumetti i robot e gli androidi appaiono di pari passo con i romanzi di fantascienza. Uno dei primi ad essere protagonista è Astro Boy, personaggio del manga creato del giapponese Osamu Tezuka nel 1952.

Passando al vasto campo dei supereroi, uno dei primi androidi è la Torcia Umana originale, un personaggio degli anni quaranta facente parte dell'universo Marvel Comics, la quale nei suoi fumetti ha sempre fatto uso massiccio di esseri cibernetici. Fin dai primissimi numeri, ad esempio, i Fantastici Quattro (1961) si trovano a combattere non solo con robot, ma anche con gli incredibili androidi del Pensatore Pazzo; praticamente tutta la loro storia è legata a doppio filo con questi esseri. Tra i personaggi della DC Comics, Superman nelle sue avventure ha incontrato migliaia di robot più o meno antropomorfi, servendosene egli stesso: negli anni cinquanta troviamo infatti già i primi super-robot da lui costruiti per sostituirlo come sosia. Anche Batman negli anni cinquanta-sessanta si è fatto talvolta sostituire da un sosia robot (perfino la sua spalla Robin). Un altro androide della Marvel è Mister Macchina (il cui nome umano è Aaron Stack), che per un breve periodo fu protagonista di una propria serie.

In un fumetto italiano pubblicato su "Topolino" dell'aprile 1974 ("Zio Paperone e il donatore straniero", testo di Jerry Siegel disegni di Luciano Gatto), anche zio Paperone si fa sostituire da un robot sospettando di correre dei rischi.

Nella serie di manga e anime Dragon Ball sono presenti molte generazioni di potentissimi androidi che saranno tra i maggiori antagonisti delle tre serie: l' Androide 8 prima malvagio e poi personaggio positivo, in Dragon Ball; gli androidi 19, 20, 16, 17, 18 e Cell in Dragon Ball Z; infine, l'androide Super C-17 in Dragon Ball GT. Questi non sono semplicemente degli androidi, ma veri e propri congegni di distruzione totale, inarrestabili con mezzi normali: infatti essi verranno sconfitti da guerrieri di elevatissimo livello quali Goku, Vegeta, Gohan e Trunks.

Note

  1. 1,0 1,1 Template:Cite web
  2. 2,0 2,1 Per Shelde, Androids, Humanoids, and Other Science Fiction Monsters: Science and Soul in Science Fiction Films, New York, New York University Press, 1993. ISBN 0-8147-7930-1
  3. Template:Cite web
  4. In alcune edizioni il termine è stato tradotto in italiano con "andreide".
  5. Template:Imdb

Bibliografia

Narrativa

Voci correlate

Collegamenti esterni

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